Nella marea di informazioni che arriva da Washington la proposta di modifica del ventiduesimo emendamento della Costituzione americana, che vieta a chiunque di poter essere eletto Presidente per più di due mandati, fa discutere.

L’idea di Andy Ogles, parlamentare della House per lo Stato del Tennessee. è molto semplice: permettere un terzo mandato a Trump, ma non ad altri presidenti che hanno svolto entrambi i mandati come Bill Clinton, George H.W. Bush e, l’ex Presidente potenzialmente davvero pericoloso, Barack Obama. Una modifica che permetterebbe solo a chi ha occupato la Casa Bianca per due mandati non consecutivi, di poter ricandidarsi.

“La leadership del presidente Trump si staglia in netto contrasto con il caos, la sofferenza e il declino economico che gli americani hanno sopportato negli ultimi quattro anni. Ha dimostrato di essere l’unica figura nella storia moderna in grado di invertire il decadimento della nostra nazione e riportare l’America alla grandezza, e deve essere dato il tempo necessario per realizzare questo obiettivo. A tal fine, propongo un emendamento alla Costituzione per rivedere i limiti imposti dal 22° emendamento sui mandati presidenziali. Questo emendamento permetterebbe al presidente Trump di servire tre mandati, garantendoci la leadership audace di cui la nostra nazione ha tanto bisogno”, ha detto Ogles.

La legge non ha alcuna chance di passare, anche solo alla Camera, dove i Repubblicani hanno una maggioranza di un solo seggio, quando servirebbe la maggioranza dei due terzi in entrambi i rami del Parlamento (oltre alla ratifica da parte degli organi legislativi di almeno 38 dei 50 Stati). Sembra che tutti siano pronti a fare qualsiasi cosa per potersi ingraziare il Presidente, per non considerare tutti coloro che accolgono religiosamente le sue volontà e compiono estenuanti esercizi di ginnastica mentale per tenere in piedi la marea di contraddizioni che hanno contraddistinto i suoi ultimi anni ed in particolare la sua ultima campagna elettorale.

La questione è di tipo costituzionale: fino a che punto un Presidente può bloccare la spesa pubblica approvata da un voto del Parlamento? Già prima del 20 gennaio si era reso evidente come il clima fosse cambiato, quando Mark Zuckerberg ha fatto una forte marcia indietro sul fact-checking nelle sue piattaforme. Tutto fatto in favore del concetto di libertà di parola di Elon Musk, che può essere considerata come una ideologia woke al contrario, tanto che su X quest’estate si poteva essere bannati per aver scritto la parola cisgender in un post, vocabolo che è stato considerato come un “insulto”. Altro episodio rilevante riguarda il CEO di TikTok Shou Zi Chew che aveva inviato a tutti gli utenti degli Stati Uniti un sentito ringraziamento al presidente Trump per aver avviato una trattativa per evitare il “ban” dell’app, nonostante entrambe le camere, con voto bipartisan, avessero votato per bloccare il social di proprietà anche del governo cinese.

Trump sostiene che i dazi possano essere la fonte principale delle entrate del bilancio americano, e come questi potrebbero portare ad una cancellazione integrale dell’imposta sul reddito. Impossibile, come sottolineato anche dalla Tax Foundation che ha stimato che le entrate derivanti dai dazi potrebbero coprire solo una minima parte dell’enorme bilancio federale americano. I Congressman eletti grazie alla fedeltà a Trump e al trumpismo, però, non si sono potuti esimere dall’applaudire queste banalità. Anche dall’Italia non sono mancate le captatio benevolentiae da parte di Matteo Salvini, che si è dimenticato di essere patriota celebrando la vittoria di Trump e non menzionando mai i dazi quando parla di America. E dal ministro degli esteri Tajani, che ha affermato che serve creare “un clima virtuoso” per affrontare la minaccia di dazi statunitensi, come se gli squilibri commerciali non fossero derivanti da logiche di mercato ma dai “cattivi europei” che non acquistano beni made in Usa.

Poche sono le figure che hanno tenuto testa al sovrano statunitense, ultimo tra questi Justin Trudeau, premier del Canada che ha lottato contro i dazi trumpiani con altri dazi, sfruttando il surplus commerciale che il suo paese vanta nei confronti dell’America. Trudeau è riuscito a sfruttare nel migliore l’unico punto di forza all’interno delle trattative diplomatiche. Sebbene quindi, la proposta di Ogles sia da considerare come una mossa di marketing politico, questa rappresenta un esempio significativo di come la politica americana stia mutando sotto l’egida di Trump, stiracchiando i confini della Costituzione per allinearsi con la sua personale agenda politica. Sarà da vedere come in questi quattro anni il bilanciamento dei poteri, che sembra spostarsi verso un esecutivo sempre più pervasivo, comprometterà il sistema di checks and balances che hanno caratterizzato e reso grande il progetto democratico degli Stati Uniti d’America.

Michele Luppi

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