Nel Sì&No del giorno del Riformista spazio al dibattito sul fuorionda di Andrea Giambruno, giornalista, conduttore di Diario del giorno su Rete4 ed ex compagno della premier Giorgia Meloni. Come interpretare e contestualizzare le sue dichiarazioni? Ne scrivono il direttore Andrea Ruggieri e l’attivista politico Iacopo Melio, fornendo due visioni opposte.

Di seguito il commento di Andrea Ruggieri

L’unico dubbio che è lecito porsi è se il fuorionda di Andrea Giambruno pubblicato da Striscia la Notizia, faccia o meno ridere. E a me ha fatto ridere. Altre discussioni, le trovo francamente ridicole. Ma anzitutto, chiariamo: Andrea Giambruno è rimasto vittima della pubblicazione di alcuni fuorionda, cioè espressioni che un conduttore rilascia a telecamere spente, quando non è in onda (cioè durante una pausa pubblicitaria o un servizio), ma è in studio, e col microfono acceso collegato solo con la regia.

Non parliamo quindi di dichiarazioni pubbliche. Sono cose che, regola vorrebbe, rimanessero private tra gli astanti presenti in studio, senza diventare pubbliche. Cose paragonabili a uno scambio di battute tra colleghi in qualsiasi ufficio, nella pausa di una riunione. Ma Giambruno che dice? Di non “rompergli le scatole con la storia del ciuffo perché lui almeno i capelli li ha, a differenza dei pelati” che ci sono (non si è capito se nel mondo, o a Mediaset). E che attaccarsi al capello è ridicolo, vista la maleducazione che a volte abita la tv (fatto peraltro oggettivamente vero).

In fuori onda simili sono cascati tutti (da Emilio Fede a Flavio Insinna, e mille altri); semmai, le uniche cose che mi meravigliano sono come ci sia cascato anche lui, visti i precedenti eccellenti di cui sopra, e come sino ad oggi non ci sia cascato anche io, che gli studi televisivi li frequento stabilmente da anni, e che cazzeggio come, e a volte peggio di Giambruno. Cui, diciamo la verità, non si perdona di essere (l’ex) compagno della premier Giorgia Meloni. Altrimenti i suoi fuorionda, che – ribadisco – non sono certo dichiarazioni, non creerebbero tanta ipocrita indignazione, e forse nemmeno troverebbero pubblicazione.

Davvero si deve rispondere pubblicamente di una battuta fatta in privato, giacché di pubblico c’è, giustamente, solo quello che va in onda? Io credo di no, e credo che si stia esagerando: relativamente a Giambruno, solo per acrimonia o antipatia politica verso la sua compagna; e in assoluto, se pretendiamo un rigore, una sobrietà austera e noiosissima, da chiunque abbia una minima caratura pubblica.

È incredibile come si sovrappongano il piano dell’eleganza con quello della opportunità o addirittura, anche se non è questo il caso, con quello della liceità. Io quando devo parlare a un convegno subito dopo qualcuno che non ha lasciato la platea sveglia e attenta, per recuperare la sua attenzione, faccio la seguente battuta: “Come dico sempre alla mia fidanzata quando mi metto a letto con lei: sarò breve”. Chi segue, ride. Chi non segue, si chiede cosa accada sul palco che faccia ridere gli altri, e si volta verso di me. A quel punto ho richiamato l’attenzione e comincio a parlare di quel che devo. Devo smettere?

Allora facciamo una bella cosa: imponiamo per legge il grigiore. Puntiamo sulla tristezza, convinti della sciocchezza che essere seri ed essere seriosi coincidano (cosa assolutamente falsa). Quanto alla venatura maliziosa che qualcuno vuol dare al suo scambio con la collega Viviana Guglielmi, cui rivolge un apprezzamento sull’abito ‘blu Estoril’ (espressione secondo lui migliore di ‘blu Cina’ perché ‘a noi sta sulle palle’) e sul fatto che Viviana sia intelligentissima (“ma perché non ti ho conosciuta prima”) beh a me pare evidente che Giambruno scherzi usando dell’ironia, e che non ci possa essere nessuna malizia, visto che egli sa benissimo che col microfono aperto lo sentono tutti i cameramen e le persone presenti in regia (almeno una quindicina di persone). Dovesse fare davvero il birichino, sicuramente non lo farebbe in quella sede. Dunque rimettete in tasca il vostro perbenismo noioso e fuori luogo, e fatevi una risata.

Oppure (idea da proporre al Pd), aboliamola, la risata. Vietiamo lo scherzo, l’ilarità, la comicità e ogni battuta che non si ispirata al massimo rigor mortis. Scegliamo la tristezza come unico metro di civiltà. Dopo di che abbandoniamo l’Italia, però. Perché se ci priviamo anche del nostro essere scanzonati, ci restano solo le tasse, sempre troppe, da pagare.