Laura Boldrini, ex Presidente della Camera e prima ancora portavoce dell’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati, ha votato contro il rifinanziamento della guardia costiera libica, lo scorso 16 luglio.

Sulle coste libiche la guardia costiera ha aperto il mitragliatore e falciato tre uomini. Era stato appena approvato il rifinanziamento italiano, gli stiamo dando tre milioni di euro.

E uno dei motivi per i quali io non ho votato quel rifinanziamento è proprio per i metodi che i libici usano verso i migranti, e perché ci sono elementi della stessa guardia costiera di Tripoli che sono in combutta con i trafficanti.

Fanno il doppio gioco?
Non lo dico come frutto di una mia elaborazione. Risulta chiaramente dai rapporti delle associazioni umanitarie e perfino delle Nazioni Unite, oltre alle decine di inchieste giornalistiche internazionali che lo documentano.

D’altronde è un paese polverizzato, nel caos…
In Libia c’è un conflitto armato, a tratti cruento, e ci sono delle perdite umane dei libici e dei migranti che sono chiusi a chiave in luoghi di detenzione dai quali non riescono a mettersi in salvo; alla luce di questo ritenevo e ritengo un errore politico rifinanziare la Guardia costiera libica. Il che non vuol dire non sostenere la Libia o comunque il governo internazionalmente riconosciuto. Ci sono modi e modi.

Realisticamente, cosa si può fare adesso?
Quel che va fatto in Libia è articolato su tre punti-chiave. Il primo è che vanno chiusi quei centri di detenzione dove sono arbitrariamente trattenuti i migranti, come chiedono le Nazioni Unite da mesi. Il secondo è operare una evacuazione umanitaria, un trasferimento verso tutti quei Paesi che possno offrire delle quote di accoglienza. Terzo, risparmiare sui costi ingenti dei centri detentivi garantendo un uso diverso delle risorse. Coniugare rispetto per i diritti ed economicità per i contribuenti è possibile e anzi doveroso.

Nella sinistra della maggioranza si è aperto un caso.
Ma rispetto a un anno fa alcune cose sono cambiate. La ministra Lamorgese non usa il linguaggio di Salvini, non vediamo dirette Facebook dalla terrazza del Viminale, non fa di ogni sbarco il motivo per aumentare l’asticella della disumanità.

I toni saranno cambiati ma i decreti Salvini rimangono dov’erano.
L’accordo di governo prevedeva di superare i cosiddetti decreti Salvini, a cominciare dai rilievi del Presidente della Repubblica. Parliamo di quasi un anno fa. Doveva essere una priorità già prima del Covid, adesso io mi auguro che quanto prima ci sarà la chiusura del cerchio e che questi decreti vengano radicalmente superati. Finora c’è sempre qualcosa di più urgente, cambiare quei decreti non sembra una priorità. Non dimentichiamo: nella maggioranza c’è una componente che ha firmato e votato quei decreti ed è dunque più riluttante a metterci mano. Ma c’è un accordo di governo e pacta sunt servanda. Non si può più rimandare.

*L’intervista integrale a Laura Boldrini uscirà sul cartaceo di giovedì 30 luglio

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.