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Il confronto: come cambia il testo del nuovo articolo 105 Cost.

COM’È OGGI
1. Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.
COME SARÀ (?)
L’art. 4 del disegno di legge costituzionale n. 1917 modifica – sostituendolo integralmente – l’articolo 105 della Costituzione. Di seguito se ne riporta il testo integrale, diviso per commi, accompagnato da alcuni commenti estrapolati dalla Relazione Illustrativa al disegno di legge.
1. Spettano a ciascun Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme sull’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati.
“L’intervento è reso necessario, in primo luogo, dall’esigenza di chiarire che le originarie competenze unitarie sulle materie indicate dalla norma sono ora distribuite tra i due autonomi Consigli superiori. In secondo luogo, la modifica deriva dalla sottrazione al Consiglio superiore della magistratura della competenza a decidere sull’azione disciplinare, in correlazione con l’istituzione di un’apposita Corte, prevista dal presente disegno di legge costituzionale. Con l’occasione, si provvede inoltre a eliminare, nell’enunciazione delle competenze degli organi di autogoverno, l’anacronistica espressione di «promozioni», sostituendola con le locuzioni «valutazioni di professionalità» e «conferimenti di funzioni», più coerenti con il principio di indipendenza e con il connesso assetto ordinamentale”.
2. La giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti, è attribuita all’Alta Corte disciplinare.
“L’articolo 105 viene modificato, inoltre, al fine di collocare in questa sede le norme sull’Alta Corte disciplinare. La scelta è conseguente al fatto che già in questo contesto era definita la competenza del Consiglio superiore della magistratura nella materia disciplinare, che ora viene attribuita all’Alta Corte. La materia disciplinare presenta, rispetto alle funzioni attinenti all’amministrazione della giustizia, un rilievo fondamentale: da un lato, ha lo scopo di garantire nel massimo grado la qualità professionale e deontologica di chi esercita funzioni caratterizzate da un’estrema delicatezza; dall’altro, deve essere organizzata in modo tale da evitare di compromettere l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati, prevenendo ogni possibile rischio di condizionamenti esercitabili attraverso l’uso strumentale del controllo disciplinare. (…) L’istituzione di una Alta Corte disciplinare, dunque, viene a costituire l’esito di uno sviluppo naturale. (…) L’istituzione di un’autonoma Corte serve anche a definire una chiara distinzione della funzione disciplinare, che è propriamente giurisdizionale, dagli altri compiti dell’organo di autogoverno, che sono di tutt’altra natura”.
3. L’Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.
“Nella redazione del disegno di legge costituzionale si è prestata particolare cura nel delineare una composizione dell’Alta Corte idonea a garantire all’organo l’indispensabile autonomia e indipendenza da altri poteri e la prevalenza della componente «togata». (…) La ripartizione dell’organo assicura la maggioranza dei componenti di provenienza togata e, inoltre, per quanto riguarda i componenti «laici», prevede – con assetto innovativo e di maggiore garanzia rispetto all’attuale Consiglio superiore della magistratura – che per metà siano nominati dal Presidente della Repubblica”.
4. L’Alta Corte elegge il presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica o estratti a sorte dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
5. I giudici dell’Alta Corte durano in carica quattro anni. L’incarico non può essere rinnovato.
“La durata complessiva dell’incarico di giudice dell’Alta Corte è fissata in quattro anni, in analogia a quanto già oggi previsto per il Consiglio superiore della magistratura”.
6. L’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quelli di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un Consiglio regionale e del Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.
“La norma chiarisce – sul modello delle previsioni dettate per il Consiglio superiore della magistratura e per altri organi di garanzia come la Corte costituzionale, ma con estensione maggiore – che l’ufficio di giudice dell’Alta Corte è incompatibile con quelli di membro del Parlamento, del Parlamento europeo o di un Consiglio regionale e di membro del Governo nonché con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge”.
7. Contro le sentenze emesse dall’Alta Corte in prima istanza è ammessa impugnazione, anche per motivi di merito, soltanto dinanzi alla stessa Alta Corte, che giudica senza la partecipazione dei componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata.
“Sul piano più strettamente procedurale, la norma costituzionale prevede un duplice grado di giudizio di merito, chiarendo che alla decisione di secondo grado non possano partecipare i componenti che hanno concorso a pronunciare la decisione impugnata”.
8. La legge determina gli illeciti disciplinari e le relative sanzioni, indica la composizione dei collegi, stabilisce le forme del procedimento disciplinare e le norme necessarie per il funzionamento dell’Alta Corte e assicura che i magistrati giudicanti o requirenti siano rappresentati nel collegio.
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