Annamaria ha dovuto accettare per necessità. Ha iniziato a lavorare come ragioniere all’interno di strutture sanitarie private. Poi per non restare senza lavoro ha partecipato al bando pubblicato dalla Protezione civile. Marina ha sempre lavorato come operatrice socio sanitaria (Oss) nel settore privato. Divorziata e con due figli, non poteva restare disoccupata. Ecco perché ha accettato di lavorare come volontaria nelle carceri. Assunta è vedova. Il marito si è ammalato ed è poi deceduto.

È di nuovo disoccupata da quando a marzo è stata sospesa dal servizio. Cosa hanno in comune tutte e tre? Sono state assunte nell’aprile del 2020 come Oss dopo l’approvazione dell’ordinanza numero 665. Annamaria Nunziata ha lavorato nel carcere di Poggioreale, Marina Amitrano e Assunta Vitiello in quello femminile di Pozzuoli. Sono tre dei 60 Oss destinati alla Campania e divisi tra i penitenziari della Regione. In tutta Italia gli Oss assunti e poi sospesi, nonostante una proroga dello scorso maggio (disposta con ordinanza numero 892), sono mille. Per tutti loro lo Stato ha stanziato fondi per 7.800.000 milioni di euro. In Campania gli unici ad avere ancora il lavoro sono i 13 operatori impiegati nella provincia di Caserta. Gli Oss sono stati assunti su base volontaria e sono stati pagati 100 euro al giorno. Un contributo definito solidale e forfettario. «Abbiamo fatto un lavoro eccellente in condizioni difficili – ha raccontato Annamaria – abbiamo lavorato come se avessimo avuto un contratto, anche sei ore al giorno e facendo i turni nel periodo natalizio».

«È come se fossimo stati sfruttati e poi cacciati via – ha spiegato Marina – Abbiamo messo a rischio la nostra salute, fatto enormi sacrifici per poi essere messi alla porta senza alcuna spiegazione». «È stata un’esperienza importante – ha dichiarato Assunta – abbiamo instaurato un ottimo rapporto con il personale del penitenziario. Dai detenuti, agli agenti, agli educatori, agli amministratori». Eppure, nonostante gli Oss siano più che necessari all’interno dei penitenziari, lo Stato e le regioni non hanno ancora stabilizzato queste mille unità. Le Asl non hanno l’obbligo di farlo. La priorità in Campania è giustamente data ai vincitori dei concorsi già presenti nelle varie graduatorie. Alle strutture detentive locali serve personale da poter impiegare a tempo pieno per garantire la copertura dei vari turni di lavoro.

Secondo la Protezione civile territoriale pare non ci siano neanche le coperture finanziarie per rendere sostenibile il periodo di proroga. Ma l’aspetto economico è davvero poco chiaro: dall’ordinanza sembrerebbe che i fondi statali fossero sufficienti per retribuire queste risorse fino al 31 maggio 2022. Se poi le singole Asl avessero voluto usufruire degli Oss, le regioni di appartenenza dovrebbero entro il prossimo settembre presentare al governo il rendiconto per il rimborso delle spese affrontate. «Il tema delle coperture finanziarie è molto strano – ha affermato Cristiana Lami portavoce nazionale degli Oss – faccio l’esempio della mia regione, la Toscana: noi abbiamo lavorato fino a maggio e siamo stati pagati. Ma nella tabella dell’ordinanza non era indicato nessun contributo economico a carico dello Stato. Da quello che so io le coperture finanziare sono state comunque previste anche per il periodo di proroga».

Intanto, a Napoli e provincia, gli Oss devono ancora ricevere alcuni pagamenti per le prestazioni già effettuate. «Abbiamo contattato il dipartimento della Protezione civile nazionale – ha concluso Lami – ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta». Sarebbe doveroso che i chiarimenti a tali interrogativi arrivino e anche al più presto, perché dietro ogni vicenda del genere ci sono delle persone: madri, padri e giovani, ognuno con la propria storia.

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Nato a Napoli il 26 maggio 1986, giornalista professionista dal 24 marzo 2022