“Gli auguro di rimanere com’è e com’è stato. Il ciuffo resterà sempre quello. Gli voglio tutto il bene del mondo, perché se lo merita anche se è un grandissimo rompicoglioni”. La prima cartolina per Adriano Panatta arriva da Wimbledon e porta la firma del suo fratello “acquisito” Paolo Bertolucci. Il settantatreesimo compleanno di quello che è stato il talento più cristallino del tennis italiano sarà domani, ma Bertolucci ha da tempo iniziato un conto alla rovescia dedicato all’amico, che ogni giorno trova spazio su Twitter e dà l’accordo per battute e prese in giro.

Panatta fu protagonista di quella stagione irripetibile che vide l’Italia conquistare la Coppa Davis nel 1976 e sfiorarla in almeno altre due occasioni. Il 1976 è stato decisamente il suo anno: oltre alla Davis, Panatta vinse Roland Garros e Internazionali di Roma (unico italiano a riuscire nell’impresa), raggiungendo la quarta posizione nel ranking mondiale. Il tennista romano ha conquistato dieci tornei del circuito maggiore in singolare e diciotto titoli in doppio. È stato l’unico giocatore al mondo in grado di sconfiggere al Roland Garros il sei volte campione del torneo Björn Borg.E poi l’accoppiata con l’altro grande sportivo: Paolo Bertolucci, appunto, detto “Braccio d’oro”, unico giocatore italiano ad aver vinto tre tornei sulla terra rossa nella stessa stagione.

Bertolucci e Panatta, Panatta e Bertolucci: un binomio incardinato sul talento che si è formato quando i due erano adolescenti e prosegue ancora oggi, resistendo alle diverse condizioni, al tempo e alla racchetta che ormai è stata appesa al chiodo.
“Abbiamo vissuto insieme da ragazzini e in giovane età fino al matrimonio – ricorda Bertolucci – e anche se adesso ci sentiamo poco siamo ancora molto legati. Durante il lockdown Adriano mi chiamò dopo mesi di silenzio per comunicarmi che si stava rompendo le palle. Decidemmo allora di cucinare un piatto di spaghetti. Lui a Treviso e io a Verona. Magari passano sei mesi tra una chiamata e la successiva ma il nostro rapporto è ormai indissolubile”. Ai fornelli i due si sono misurati più volte: “Una a Seul, dove in una cucina enorme ci siamo cimentati in un’amatriciana, piatto del quale Adriano si reputa campione assoluto – rivela Bertolucci –; in mezzo a pentole enormi e fuochi professionali abbiamo dato il massimo. Ma a parte l’amatriciana, Panatta non è bravo a cucinare altro”.

Bertolucci non usa il fioretto per parlare del suo fratello acquisito: “In realtà il nostro rapporto ricordava più quello coniugale, e infatti l’esperienza mi è stata utilissima per gestire i matrimoni – scherza Bertolucci -: in campo, ma anche fuori Adriano sapeva essere insopportabile e così, grazie a lui, ho maturato il talento di far entrare da un orecchio e uscire dall’altro tutte le cazzate che mi diceva. Però diamo a Cesare quel che è di Cesare: bello come il sole, talento incredibile, simpatico e intelligente, Panatta non ha mai avuto atteggiamenti da divo e così, anche lontani dal jet set, ci siamo divertiti come matti”. C’è un episodio però che ancora fa sorridere Bertolucci e che Panatta non gli ha perdonato: “Durante un match di Davis in Spagna Adriano decise di scatenare una rissa gettandosi in mezzo al pubblico inferocito. Io rimasi in tribuna a difendere le signore: che altro avrei dovuto fare? Lui rientrò negli spogliatoi non esattamente un fiorellino. Ancora oggi me lo rinfaccia”.

Insomma una storia che poco e niente ha a che fare con quei racconti di sport fatti solo di sangue e sudore, sacrifici e zero sorrisi: “Effettivamente eravamo uniti dalla stessa filosofia di vita: nessuno di noi voleva privarsi di una qualunque esperienza che potesse darci gioia – ammette Bertolucci -. Magari avremo perso qualche torneo, ma non abbiamo rimpianti”. Sicuramente non ce ne sono per quanto riguarda le conquiste femminili: “Al 90% ero io ad andare a rimorchio. Ma va bene così anche le numero due del ranking non erano male!”, ride, ricordando le clamorose, innumerevoli conquiste del bell’Adriano.

Per chi si diverte 365 giorni all’anno, i compleanni rientrano nella norma: “C’è un anno di differenza tra noi due (Paolo è nato il 3 agosto del 1951, ndr), ma non abbiamo mai fatto nulla di particolare – ammette Bertolucci – del resto avevamo impegni da mantenere in giro per il mondo e comunque ci siamo divertiti molto”. Lo si deduce anche guardando “La squadra”, la docu-serie realizzata da Domenico Procacci, distribuita al cinema e su piattaforme televisive, che lo scorso anno ha riscosso un successo clamoroso e ha fatto scoppiare la “Davis mania” anche tra chi in quegli anni non era ancora nato, tanto che in molti li vorrebbero di nuovo insieme per spiegare agli ex campioni alle prese con la crisi dell’addio all’attività come farlo al meglio: “Tutti devono capire che è bene ascoltare se stessi – spiega Bertolucci -. Con Adriano lo abbiamo fatto”.

Per il compleanno del “fratello” Bertolucci non ha dubbi: “Gli cucinerei pasta e fagioli, il mio piatto forte. Utilizzerei ovviamente i maltagliati perché sono indicatissimi per questa ricetta. Mi ricordo che mi veniva concesso di mangiarne un piatto dopo le vittorie più importanti. Era il mio premio partita!”. Adesso non c’è che aspettare domani per la festa di Adriano e restare su Twitter per vedere come i due si prenderanno in giro ancora una volta: dritto di Bertolucci e risposta di Adriano, e viceversa. Uno spasso. E a chi gli fa notare che, vivendo diversamente, sarebbe potuto essere qualcosa di più del numero quattro al mondo Panatta risponde: “Sarei stato più felice? Non credo”. Gioco, partita, incontro.

Giacomo Guerrini

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