La sentenza
La Sentenza
Autonomia differenziata, la corta fa scuola: bilanciare pluralismo e unità
Come il comunicato stampa del 14 novembre lasciava presagire, la pronuncia della Consulta sull’autonomia differenziata (L. n. 86/2024) è densa e spiega chiaramente, in tutta la sua architettura, il sistema istituzionale italiano (Corte Costituzionale sentenza del 3 dicembre 2024 n. 192). Sistema – va sottolineato – degno di una democrazia parlamentare occidentale evoluta, matura e dunque pluriarticolata per definizione.
In questo contesto, il regionalismo è un’acquisizione consolidata. Per la Corte, la ricchezza di interessi e idee che ci caratterizza come società civile reclama il regionalismo, che corrisponde a un’esigenza insopprimibile della nostra società per come si è gradualmente strutturata. Ma un accentuato pluralismo di questo tipo non può far “evaporare” l’unità nazionale. Dunque si riconosce che la nostra democrazia costituzionale si fonda sul bilanciamento tra pluralismo e unità, su cui si sviluppa la differenziazione. L’immortale concorrenza e differenza tra Regioni e territori, infatti, “che può anche giovare a innalzare la qualità delle prestazioni pubbliche”, non potrà – secondo la Corte – spingersi fino a minare la solidarietà tra lo Stato e le Regioni e tra Regioni, l’unità giuridica ed economica della Repubblica. Lo stesso discorso vale per l’eguaglianza dei cittadini nel godimento dei diritti e per l’effettiva garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni, nell’ottica della coesione sociale e dell’unità nazionale. Altrimenti si indebolisce la stessa democrazia.
La differenziazione
Qui emerge uno dei punti più importanti per chiarire meglio la situazione. La differenziazione prevista dall’art. 116, terzo comma, Cost. – per la Consulta – non può essere un fattore di disgregazione dell’unità nazionale e della coesione sociale, ma uno strumento al servizio del bene comune della società e della tutela dei diritti degli individui e delle formazioni sociali. Si impone dunque l’esigenza di interpretare l’art. 116, terzo comma, Cost. coerentemente con il significato del principio di sussidiarietà, e pertanto – asserzione cruciale – la “delega” non si può riferire a materie o ad ambiti di materie, ma a specifiche funzioni. Si delinea così lo strumento di ingegneria costituzionale che la Corte ci offre per governare al meglio l’unità dello Stato con il regionalismo differenziato. Posto che l’art. 116, terzo comma Cost. prevede l’attribuzione di ulteriori forme di autonomia, “senza distinguere la natura legislativa o amministrativa della devoluzione”, quest’ultima – per la Corte – potrà riguardare solamente “funzioni” amministrative o legislative, oppure tanto le funzioni legislative che quelle amministrative che riguardano lo stesso oggetto.
Ecco il percorso delineato dal giudice delle leggi: il riparto funzionalizzato realizza al meglio i princìpi costituzionali. Una scelta strategica e lungimirante poiché l’assegnazione delle funzioni richiede un’analisi approfondita, evitando la confusione che deriva da una divisione generica per materie.
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