Questo numero di PQM, del quale siamo particolarmente orgogliosi, si occupa di avvocati minacciati nel mondo. Dalla Turchia all’Ucraina in guerra, dall’Iran alla Russia alla Bielorussia, vi riportiamo testimonianze che danno la esatta misura di una equazione inesorabile: lì dove la libertà dell’avvocato, e dunque il diritto di difesa del cittadino, è minacciata o negata, lì è in pericolo o è morta la libertà di un Paese.

Non vi è nulla di retorico in questa equazione, la cui rigorosa esattezza si è confermata nei secoli, e continua a confermarsi ovunque nel mondo senza soluzione di continuità. Un regime dittatoriale o autarchico, così come una “democratura” (cioè un modello democratico che addirittura rivendica la propria avversione ai principi ed ai valori liberali) che voglia affermarsi e consolidare il proprio potere, deve avere cura di ottenere due obiettivi: conculcare il diritto di difesa dei suoi cittadini, e sottomettere al proprio totale controllo l’autorità giudiziaria. Il percorso che questa settimana potrà fare il nostro lettore, grazie ai contributi autorevoli che gli proponiamo, ne darà piena conferma. E tuttavia, non vorremmo che le esperienze che qui raccontiamo, provenendo da Paesi profondamente e storicamente illiberali, provocassero un improprio effetto rassicurante per noi. Come a dire: ciò che accade in Iran o in Russia, in Bielorussia o nella Turchia islamizzata di Erdogan, non potrà mai accadere in casa nostra.

Siamo, con tutti i limiti ed i difetti che possiamo riconoscerci, una democrazia solida, nella quale il diritto di difesa è garantito, e la libertà dell’avvocato è inviolabile. Senonché, pur rimanendo incontestato il privilegio del quale godiamo, e cioè di vivere in un sistema democratico solidamente radicato, commetteremmo un grave errore ove non cogliessimo il valore di monito che queste esperienze dolorose in giro per il mondo devono invece avere per noi. Perché è fuor di dubbio che nel nostro Paese cresce da anni, a vista d’occhio, un deciso processo di indebolimento e di svuotamento dei principi fondativi del libero esercizio del diritto di difesa.

Cresce l’insofferenza verso la presunzione di innocenza, sempre più nel mirino di una incultura populista ed illiberale che sta acquisendo forza nel Paese, e che è giunta perfino a governarlo proprio in nome dello svilimento di quei principi. In quelle aree del Paese dove è forte la presenza delle organizzazioni mafiose, la libertà del difensore è sempre più minacciata dalla insidiosa sua assimilazione al ruolo di favoreggiatore dei propri assistiti. E sono sempre più diffusi i reati (violenza sessuale, reati ambientali, solo per fare due esempi) rispetto ai quali i difensori incontrano sempre più spesso esplicite minacce o intimidazioni nell’adempimento del proprio mandato.
L’identificazione del difensore con il proprio assistito è già una diffusa realtà nella pubblica opinione, nei social ma anche nei media più avvertiti ed autorevoli. Se dunque minacciare il difensore e conculcarne la libertà è una condizione assolutamente imprescindibile per ogni dittatura o autocrazia nel mondo, occorre comprendere che una democrazia è forte e sicura solo se, innanzitutto, garantisce agli avvocati la libertà, piena ed incondizionata, dell’esercizio del proprio magistero. Perché la Turchia, in fin dei conti, è proprio lì, dietro l’angolo.

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Avvocato