Senza Silvio Berlusconi l’Italia è sicuramente più noiosa e povera perché è orfana della sua incontenibile vitalità, del suo vivacissimo talento, del suo sorriso e della sua autoironia. Per me Silvio Berlusconi è quello che durante i funerali delle vittime del terremoto de L’Aquila lascia la prima fila riservata alle autorità e va in mezzo ai parenti delle vittime, tentando di consolarli.

Io perdo un maestro di politica ma soprattutto di vita. Con lui ho riso tantissimo, ragionato molto, ogni tanto anche pianto. L’ho visto sorridere e soffrire per attacchi incessanti quotidiani che giudicava immeritati. L’ho visto immaginare cose che noi nemmeno intuivamo. Ho visto un uomo vero, coraggioso, generosissimo, umile, dolce, che amava l’Italia e gli italiani, che non faceva la minima distinzione tra ricco e povero. Che distribuiva opportunità in una nazione avara di chance.

Molti avranno modo di raccontare aneddoti sulla grandezza sua e di quel che ha realizzato in Italia dove tutto è assai difficile. Io mi limito a dire che Berlusconi mi prese nel suo staff e mi accolse come un nipote, come un figlio. Dormivo sul soppalco dello studio dove lui faceva le sue mitiche registrazioni.

Che lavorare con lui è stata l’esperienza più stimolante e piacevole di tutta la mia vita. Che mi ha insegnato moltissimo: che si può essere decisi ma col sorriso, di successo ma buoni, determinati e sereni. Che nella vita si deve cercare l’armonia con gli altri. Per rimanergli leale c’ho rimesso il posto da parlamentare. Ma va bene così. Grazie a lui sono nato politicamente, con lui me ne vado politicamente. Addio presidente.