Biden ha compiuto un atto rivoluzionario. Ha espresso parere favorevole alla liberalizzazione dei vaccini per il Covid19. Ma procediamo con ordine. India e Sud Africa hanno chiesto al Wto di aprire una negoziazione per la sospensione dei diritti di brevetto dei vaccini anti-Covid. La rappresentante degli Stati Uniti per il commercio, Katherine Tai ha affermato che gli Stati Uniti sono a favore della revoca dei diritti di proprietà intellettuale per i vaccini anti-Covid in modo da accelerare la produzione e la distribuzione delle dosi nel mondo, spiegando che «si tratta di una crisi sanitaria mondiale e le circostanze straordinarie delle pandemia invocano misure straordinarie».

A sua volta, Ursula von der Leyen, intervenendo al Convegno sullo stato dell’Unione 2021, organizzato dall’Istituto Universitario di Firenze, dopo aver dato ragione all’Italia in ordine alla richiesta di solidarietà fatta all’inizio della pandemia, ha risposto all’apertura Usa sulla liberalizzazione dei brevetti dei vaccini, dichiarando la disponibilità dell’Unione Europea a discutere la proposta. Secondo fonti dell’Unione Europea la deroga sarà discussa già al summit informale, che i leader europei terranno ad Oporto nel fine settimana.

La posizione presa dalla amministrazione di Biden è, come si è detto, rivoluzionaria tenuto conto di quello che è sempre stato l’atteggiamento degli Stati Uniti relativamente alla proprietà intellettuale. In effetti, uno degli assi principali dell’azione degli Stati Uniti sul mercato globale è sempre stato quello di estendere il più possibile la protezione sia del diritto di autore e sia del diritto brevettuale in modo conforme alla legislazione americana. Lo strumento fondamentale per portare avanti tale politica è stato il Wto: condizione essenziale per poter aderire a tale organizzazione e quindi ai vantaggi di tipo commerciale che la stessa garantisce è sempre stata l’introduzione, tra l’altro, nell’ordinamento dello stato richiedente di una rigorosa disciplina in materia di diritti immateriali. La stessa adesione della Cina ha visto la parte più accesa dei negoziati vertere appunto sulla necessità dell’introduzione, anche in quel paese, di una rigorosa protezione della proprietà intellettuale. Del resto, basta considerare il bilancio commerciale degli Stati Uniti per comprendere quanto sia importante, per quella economia, incassare le royalties che derivano dello sfruttamento nel resto del mondo, dei diritti di esclusiva di cui sono titolari le multinazionali americane.

Di fronte a questo quadro la posizione dell’amministrazione Biden di dichiararsi favorevole alla liberalizzazione dei vaccini anti Covid significa non solo smentire una lunga e consolidata tradizione, ma anche introdurre un elemento di compressione dei diritti patrimoniali delle imprese americane. Il carattere rivoluzionario della posizione è confermata dalla ferma reazione di buona parte del mondo economico e produttivo degli Stati Uniti. Innanzitutto l’Ifpma, e cioè la federazione internazionale delle aziende farmaceutiche, ha immediatamente obiettato qualificando come deludente la decisione di Biden di sospendere i brevetti dei vaccini anti-Covid: «Siamo totalmente in linea con l’obiettivo che i vaccini siano rapidamente ed equamente distribuiti nel mondo. Ma come abbiamo ripetuto più volte una sospensione è una risposta semplice ma sbagliata ad un problema complesso». Nello stesso senso si sono subito espressi gli influenti apparati dell’industria militare, dell’industria della musica e del cinema.

Non è detto che la posizione di Biden possa portare a risultati concreti. I negoziati che si svolgeranno presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio richiederanno tempo, atteso che le decisioni di quell’organismo internazionale si basano sul consenso ed è ovvio che, se trascorrerà molto tempo, la decisione potrebbe intervenire a pandemia superata ed essere perciò inutile. Tuttavia, al di là del dato contingente della disponibilità americana in ordine ai vaccini per il Covid19, la posizione degli Stati Uniti, nel momento stesso in cui incrina una politica oramai secolare, può servire ad aprire il dibattito sulla legittimità di un sistema che vede gestiti dalle lobbie private non solo i vaccini, ma anche i farmaci salva vita. Come l’esperienza del Covid ha dimostrato, il peso economico della ricerca è stato essenzialmente in capo alla collettività sia per i finanziamenti erogati alle imprese private e sia per l’attività decisiva rivolta dai centri di ricerca pubblici, diventa davvero difficile, non solo sul piano morale, ma anche su quello strettamente economico, giustificare gli enormi profitti che le Big Pharma ritengono di poter conseguire di fronte a tragedie globali qual è, oggi, appunto la pandemia da Covid19.