Il giornalista inaugura l’Anno Accademico alla Link di Roma
Bruno Vespa, lectio su Kiev: “Pace giusta o sarà il caos. Putin come Hitler: i negoziati possono generare mostri”

Bruno Vespa arriva nell’aula magna dell’università Link Campus di Roma con un filo di emozione. Ci sono 240 professori togati, un pugno di Rettori e Prorettori vicari, capitanati dal padrone di casa, il Rettore Carlo Alberto Giusti, una trentina di autorità tra parlamentari, generali, cardinali. il ministro Nello Musumeci, il capogruppo di FI alla Camera Paolo Barelli, la senatrice Michaela Biancofiore (capogruppo Noi Moderati), il Presidente di +Europa Matteo Hallissey, Ubaldo Livolsi e molti altri.
È l’occasione, l’inaugurazione del nuovo Anno Accademico, per affrontare una lectio magistralis molto particolare: capace di affondare nella storia per fotografare il presente e – la cosa più difficile! – tracciare una prospettiva per il futuro. Vespa ci riesce tanto bene da lasciare attonita la sala. Perché il frangente di storia che attraversiamo è a suo modo unico e straordinario, segnato da sfide epocali che si snodano tra minacce inedite e opportunità irripetibili. Vespa veste i panni dello storico, ben inquadrato nel contesto accademico, e ripercorre gli annali, prima di atterrare sulle considerazioni che ha voluto condensare nel titolo: “I deliri dei dittatori”.
Quante volte, a pensarci bene, una trattativa di pace, una conferenza negoziale, un trattato di disarmo ha portato poi a conseguenze perfino più drammatiche di quelle che puntava a scongiurare? Il congresso di Vienna – dopo l’epopea napoleonica – non ingenerò l’avvio di una spirale di nuove tensioni tra le teste coronate allora ripristinate? E le conseguenze di quell’ingenerosa condizione per la pace dopo la Prima guerra mondiale, con l’umiliazione della Francia sulla Germania, non fu all’origine di quella spinta nazionalista da cui nacque il nazismo? Dalla ‘vittoria mutilata’ italiana, non è nato il revanscismo e poi il fascismo? Da Yalta non nacque la guerra fredda, la spietata dittatura staliniana per un verso e la corsa agli armamenti dall’altro? Le risposte le conosciamo. E le dovrebbero tenere a mente gli analisti che premono per un negoziato di pace immediato, e dunque affrettato, tra Ucraina e Russia, con gli Stati Uniti di Trump a fare non da pacieri ma da attori in campo.
«Le conseguenze di una pace non ben mediata, che non contemperi le ragioni e le esigenze dell’Ucraina saranno, sarebbero terribili», preconizza Vespa. «Sono stato quattro volte in Ucraina e ho imparato a conoscere Volodimir Zelensky: lui è determinato ma gli ucraini lo sono altrettanto, se non di più. Un paese di 38 milioni di persone che si sono armate fino ai denti, in questi anni. E che al di là del loro leader, che può anche cambiare, essere avvicendato, rimangono fortemente animati da un sentimento antirusso diffuso, radicato. L’Ucraina non si arrenderà mai, di questo possiamo essere certi. E anche se i Capi di Stato si mettessero d’accordo intorno al tavolo, i conti poi si devono fare con quei trentotto milioni di ucraini, un paese nel quale anche le ragazze imparano a sparare presto, in cui in ogni casa, ogni famiglia è presente almeno un fucile mitragliatore». E dunque la pace può aprire a scenari inediti. «Sono abbastanza anziano da avere presente la Budapest del 1956, il coraggio e l’eroismo dei singoli prescinde dalle trattative». Da tenere bene a mente.
«Possiamo prevedere che in Ucraina, se non ci sarà una pace giusta, che sia davvero accettabile per quei trentotto milioni di ucraini, potrà avere inizio una guerra civile anche lunga, nel cuore dell’Europa, dagli esiti imprevedibili». Che potrebbe creare due fronti, uno occidentale e uno filorusso, destinato a penetrare nel dibattito interno di ciascun paese europeo e a spaccarne l’opinione pubblica. Esito di medio-lungo periodo sul quale non ragionano, vuoi per ragioni anagrafiche, vuoi per interessi immediati, ravvicinati, né il presidente americano, né quello russo. Putin è un dittatore, così come lo era Hitler. «Ha perfettamente ragione il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella nel dirlo. Putin è un dittatore e i dittatori finiscono per essere avvolti dalla coltre del loro delirio».
Gli Stati Uniti «rimangono la solida democrazia alla quale siamo legati da vincoli di amicizia e di consonanza, e con loro dobbiamo capire quali sono i nuovi codici, i nuovi registri. Fermo restando il ruolo di una Europa che non può più rimanere a guardare mentre i destini del mondo – del nostro mondo – vengono messi in discussione». Ecco che perfino paesi pacifici e neutralisti come Svezia e Finlandia – appuntiamo nel nostro taccuino mentre Vespa paragona la Seconda guerra mondiale alla guerra ibrida di oggi – hanno chiesto di entrare di corsa nella Nato. «La pace vera, nel tempo, si costruisce rinunciando a quegli argomenti che con il tempo finirebbero per minarla», conclude Vespa.
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