Chiamato in causa dai suoi stessi fratelli, oggi collaboratori di giustizia, per due omicidi risalenti agli anni ’80 e ’90. Giuseppe Lo Russo, 66 anni, è in carcere dal 1998 dopo l’arresto avvenuto a Malaga, in Spagna, ed è detenuto in regime di 41 bis. Sta scontando condanne per omicidio e per reati associativi (416 bis) e nelle scorse ore si è visto recapitare dagli agenti della Squadra Mobile una nuova ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea.

Sia lui che il fratello Domenico Lo Russo, detto Mimì, 62enne già sottoposto a libertà vigilata, dovranno difendersi dalle accuse mosse dagli stessi familiari, passati a collaborare con lo Stato tra il 2014 e il 2016 dopo una lunga scia di sangue (da loro stessi voluta) che ha interessato il quartiere napoletano di Miano, zona di riferimento del clan dei ‘Capitoni’ (così definiti dagli anni ’80 -sempre da alcuni pentiti –  perché doppiogiochisti e ambigui), e il Rione Sanità.

Adesso le dichiarazioni dei fratelli Carlo e Mario Lo Russo, oltre a quelle di Ettore Sabatino e Salvatore Torino, alias ‘o cassusaro (chi prepara o vende le gazzose), e di altri affiliati al clan (dall’altro fratello Salvatore Lo Russo al figlio Antonio, detto ‘Tonino’ passando per Mariano Torre), hanno consentito ai magistrati anticamorra di ricostruire decenni di omicidi e attività illecite in concorso con altre storiche organizzazioni camorristiche.

Nell’operazione di oggi, la DDA prova a far luce su due omicidi: quello di Gennaro Politelli, avvenuto il 15 gennaio 1988 nel quartiere di Piscinola, e quello di Francesco Palumbo, avvenuto il 7 giugno 1994 a Chiaiano. Giuseppe Lo Russo, secondo i pentiti, sarebbe stato il mandante dei due omicidi eseguiti materialmente da “Mimmo” in concorso con altri affiliati deceduti nel corso degli anni, nonché da Carlo e Mario Lo Russo Carlo, Ettore Sabatino e Salvatore Torino.

L’omicidio del Politelli (che vede Mimì Lo Russo indagato come esecutore materiale) si colloca nel periodo in cui il clan Lo Russo ed il clan Licciardi erano parte integrante dell’Alleanza di Secondigliano e trova il proprio movente nella vendetta per avere la vittima ucciso Salvatore Fiorillo alias “Salvatore sette bellezze” e della sua fidanzata Carmela Cimmino. L’omicidio del Palumbo (che vede Giuseppe Lo Russo indagato quale mandante) trova il proprio movente in una “epurazione interna” al clan Lo Russo che ha inteso punire un affiliato infedele che aveva avuto rapporti confidenziali con appartenenti alle forze dell’ordine.

SCRITTE E AGGUATI CONTRO PENTITI – Nei mesi scorsi a Miano sono comparsi numerosi striscioni e scritte contro i pentiti del clan Lo Russo. “La vostra libertà puzza di infamità. Via da questa città” recitava uno degli ultimi striscioni, accompagnato da una svastica e dal marchio “ztl” Lo Russo, apparso nell’aprile 2019 all’esterno della scuola. Un messaggio che arriva, probabilmente, dalle famiglie – in contrasto tra loro – Perfetto-Cifrone-Balzano-Scarpellini  sopravvissute all’ondata di arresti avvenuta negli anni scorsi a Miano e colpite, nel corso del tempo, dalle dichiarazioni dei pentiti. I Torino, che hanno interessi economici nel quartiere Marianella, mantenevano buoni rapporti sia con i Lo Russo che con gli Scissionisti degli Amato Pagano. Nel giugno del 2019 il Luigi Torino, figlio del collaboratore di giustizia Salvatore ‘o cassusaro.

 

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.