È stato condannato a 27 anni di carcere il giornalista turco Can Dundar. L’accusa: sostegno un’organizzazione terroristica e spionaggio. La condanna da parte del tribunale di Istanbul. Dundar era caporedattore del quotidiano Cumhuriyet, prima di fuggire in Germania nel 2016. Da tempo è destinatario di un mandato di arresto: Ankara ha chiesto l’estradizione. I suoi beni sono stati confiscati e congelati i suoi conti bancari in Turchia. Era finito sotto accusa per aver pubblicato un’inchiesta su un carico di armi intercettato al confine tra Turchia e Siria. Armi che secondo la ricostruzione erano destinate ai ribelli siriani.

La Turchia è stata accusata da più parti di aver sostenuto i ribelli siriani in funzione anti-Damasco. Ribelli spesso appartenenti a gruppi fondamentalisti di matrice sunnita, in opposizione al regime alauita guidato da Bashar Al-Assad. Il Paese è sconvolto e dilaniato dalla guerra dal 2011, da poco dopo dell’esplosione delle Primavere Arabe. Nel contesto di un Paese frammentato e del potere spartito da diverse fazioni, Ankara ha provato a giocare la sua parte. L’inchiesta coglieva nel segno – l’ambizione del Presidente Recepp Tayyip Erdogan secondo gli osservatori è quella di influire sulle forze in campo e di esercitare una leadership regionale – e usciva alla vigilia delle elezioni del giugno 2015.

Dundar è stato dunque condannato a 18 anni e 9 mesi per “rivelazione di informazioni riservate a scopo spionaggio” e a 8 anni e 9 mesi per “sostengo all’organizzazione terroristica” del magnate e imam Fetullah Gulen. Quest’ultimo, prima alleato di Erdogan e in seguito nemico, è stato accusato di essere la mente dietro il fallito colpo di stato in Turchia del 15 luglio 2016. Golpe che ha finito per stringere le maglie e per rafforzare ulteriormente il controllo sul Paese. Il giornalista è stato detenuto, tra il 2015 e il 2016, per 92 giorni insieme con Erdem Gul, caporedattore di Ankara del quotidiano di opposizione laica. I due vennero rilasciati dopo una decisione della Corte costituzionale che riscontrò una violazione della loro libertà personale e della libertà di stampa.

Antonio Lamorte

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