Il caso
Carceri al collasso tra botte, tensioni e notizie fake
Si fa presto a dire rivolta, soprattutto quando si parla di carcere. Non è la prima volta che accade. Certi termini andrebbero utilizzati senza esasperazioni. Soprattutto in questo periodo in cui la tensione è già alta di per sé. Perché le carceri sono superaffollate, le celle diventano tombe, le condanne si trasformano in supplizi, il sistema penitenziario è inadeguato. È accaduto ancora, dicevamo. È accaduto parlando di Santa Maria Capua Vetere, il carcere già salito alle cronache più di un anno fa per il pestaggio attuato da un centinaio di agenti ai danni di un centinaio di detenuti e ora al centro di un processo. Subito ieri si è gridato alla rivolta, dopo la nota dei sindacati della penitenziaria pronti a chiedere più ristrettezze per i reclusi, più tutele per gli agenti. Più che una rivolta si è trattato di un litigio tra detenuti. Secondo quanto si è appreso, un detenuto nigeriano con problemi psichici, a cui era stato affidato un piccolo lavoro all’interno del carcere proprio per favorirne l’inserimento, è stato deriso da un altro detenuto fino a quando non si è passati dalle parole ai fatti. I due detenuti sono arrivati alle mani, e in un attimo alla zuffa si sono uniti alcuni altri reclusi.
Una decina in tutto, tutti identificati e ieri mattina allontanati dal carcere di Santa Maria Capua Vetere alla volta di vari penitenziari regionali. Anche il detenuto nigeriano aggredito è stato trasferito, fuori regione. Nessuno dei litiganti ha riportato ferite, anche nessuno degli agenti intervenuti per sedare gli animi ha riportato ferite. Teatro della rissa il reparto Tevere, una sezione del carcere sammaritano in cui sono reclusi i detenuti accusati di reati cosiddetti comuni. Risulta confermato che sono volati oggetti, non risulta confermato che ci sia stata una rivolta vera e propria. C’è sicuramente un’impennata di tensioni che viaggia parallela al moltiplicarsi dei drammi e dei suicidi in cella avvenuti negli ultimi giorni. Anche nella casa circondariale di Salerno ieri si è alzata la soglia di allarme. Il Sappe ha raccontato di tre agenti aggrediti nel tentativo di bloccare un detenuto campano che, dopo aver ingerito candeggina in cella, è stato ricoverato in via di urgenza. Di qui la denuncia dei sindacati della penitenziaria che puntano il dito sulle criticità del sistema: nelle carceri ci sono sempre più detenuti malati e con problemi psichiatrici e vuoti sempre più evidenti negli organici di agenti penitenziari e personale medico. In particolare, poi, si è puntato il dito sulle criticità del carcere di Salerno, un caso nel caso, considerato che da tempo è una struttura definita in stato di abbandono, senza un vicedirettore, senza un comandante in pianta stabile, con un vuoto di 50 agenti nell’organico.
Anche sui fatti di Santa Maria Capua Vetere il Sappe ha ammesso l’inadeguatezza del sistema: «C’è mancanza di personale e di una struttura inadeguata alla vita penitenziaria: ormai si tratta di una sezione inagibile sotto ogni profilo – hanno detto del reparto Tevere del carcere sammaritano – , chiediamo un sopralluogo tecnico da parte del Prap e una visita ispettiva da parte dell’Asl per valutare l’idoneità del terzo piano della sezione Tevere sotto il profilo dell’igiene e della sicurezza dei luoghi di lavoro», ha detto il segretario Emilio Fattorello. Le istituzioni non possono a questo punto continuare a ignorare i diversi gridi di allarme che arrivano dal mondo dietro le sbarre. C’è voluta l’escalation di suicidi in cella per spingere i provveditori delle varie regioni d’Italia a fare un sopralluogo nelle carceri. È di ieri la notizia. In Campania il provveditore Lucia Castellano visiterà gli istituti di Poggioreale e Santa Maria Capua Vetere. Un tempismo che balza agli occhi, che fa sorgere qualche domanda. Una per esempio: perché ora e non prima?
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