Letture
Il libro
C’è del marcio a Saxa Rubra, il romanzo di Mannoni tra una dolce storia d’amore, una tragedia e la Rai
Quella notte a Saxa Rubra, un’opera che sfida il luogo comune per cui i giornalisti della tv non sanno scrivere. Non è un giallo, ma l’ex conduttore del Tg3 indaga sulla fine di un collega nella cittadella del servizio pubblico
Una volta un notissimo conduttore di un tg si trovò a scrivere un pezzo per un quotidiano – si era a un lontano congresso di partito – al posto di un collega di quel giornale a cui era venuta una febbre da cavallo. Inviato l’articolo (via fax, a quei tempi) alla fine qualche collega scemo gli si rivolse così: “Ah, ma allora tu sai scrivere un pezzo”. Ecco, è un vecchio luogo comune dei giornalisti della carta stampata, che i colleghi della tv non sappiano scrivere. Ovviamente è una stupidaggine. Basterebbe questo romanzo, bello davvero, di Maurizio Mannoni, amato giornalista del Tg3 e di tante trasmissioni, intitolato “Quella notte a Saxa Rubra“ (La Nave di Teseo) per rendersene conto.
Attenzione, non è un giallo come il titolo potrebbe fare intuire, anche se la suspense e il mistero sono le chiavi narrative del libro, del suo ritmo, della sua forza. Però no, questa è una storia d’amore struggente, drammatica, intensa. Una storia d’amore impossibile, un amour fou truffautiano che finisce in tragedia, raccontata con il garbo con cui Mannoni ci ha raccontato per anni le vicende della giornata: e infatti l’io narrante è lui. Lui che si muove come un investigatore alla ricerca del perché del dramma improvviso e per tutti sorprendente che ha colpito l’amico Giovanni, gran giornalista con la schiena dritta, diremmo, un’invettiva in diretta scagliata contro il mondo.
Ma perché? Tassello dopo tassello, piano piano come vuole un certo clima torbido, il Narratore-Mannoni infine scopre la verità. Il tutto ha Saxa Rubra, l’orrenda cittadella della tv pubblica, come palcoscenico della vicenda: e infatti la grande protagonista della storia è la Rai, quest’azienda magica e sordida, preziosa e volgare, piena di gente perbene e di mascalzoni, un bazar di intelligenze e di bugie, di vero e di falso, di professionisti e di servi, di lavoratori e fancazzisti. Appaiono, nel racconto, con i nomi di battesimo i veri colleghi di Mannoni: Michele, Federica, Giovanna (c’è anche un delicato ricordo di Ilaria, ovviamente Ilaria Alpi), si intuiscono i volti di Sandro Curzi e Angelo Guglielmi, forse c’è un Walter Veltroni e le maschere tipiche di quell’ambiente, il sindacalista, il direttore ributtante, i colleghi intesi come una famiglia.
Ma Giovanni chi è? E chi è Angela, la giovane giornalista precaria di cui Giovanni s’innamora perdutamente? Le scrive lettere colme di sentimenti di sapore persino adolescenziale, lui, un professionista adulto, sposato: «Cosa mi sta succedendo, mia dolce Angela? Cosa è accaduto alla mia vita così irreprensibile, ai miei giorni senza sussulti? Il tuo visetto così dolce c’entra forse qualcosa? Sarò costretto a chiederti di voltarti da un’altra parte quando ci incrociamo nel nostro piccolo ufficio! Ho molto freddo. Mi corico un po’ per fare finta di riposarmi. Ah, mio amore, mio Bebè, potessi averti con me…». Giovanni e Angela, riteniamo, non sono mai esistiti. È un romanzo, questo, ricordiamolo. Forse a Saxa Rubra staranno cercando di capire chi sia questo, chi sia quella. Non ci interessa. A noi resta il piacere, e la commozione, di un bel romanzo di cui ringraziare Maurizio Mannoni che, ora lo sappiamo per certo, sa scrivere bene.
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