Lo scenario
Cecilia Sala, Teheran ci ripensa: il suo arresto “non è legato ad Abedini”. La sospensione che aprirebbe i negoziati
Si sa che la Repubblica islamica fa della menzogna e della propaganda un’arma fondamentale per la sua immagine sia all’interno del paese che nell’opinione pubblica internazionale e dunque non bisogna meravigliarsi del fatto che le autorità iraniane continuino a mentire sul caso di Cecilia Sala. Dopo aver dato false rassicurazioni al governo italiano sulle condizioni di detenzione della giornalista rapita il 19 dicembre scorso, ora negano che vi sia un collegamento tra la sua detenzione e l’arresto del cittadino iraniano Mohammad Abedini Najafabadi avvenuto a Milano appena tre giorni prima del rapimento di Sala, definendo false le notizie secondo le quali Teheran avrebbe chiesto uno scambio di prigionieri.
La versione del ministero
È stato il portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei, lunedì durante una conferenza stampa, ad aver dichiarato che “la giornalista italiana è stata arrestata per aver violato la legge islamica e che è invece l’arresto di Najafabadi, avvenuto su richiesta degli Stati Uniti a dover essere considerato della persecuzione del governo degli Stati Uniti una forma di presa di ostaggi. Sono diversi i cittadini iraniani che vengono perseguitati ed estradati da alcuni paesi su richiesta di Washington, il che consideriamo che sia questa una forma di presa di ostaggi”, ha affermato Baghaei. Appena quattro giorni fa, il ministro della Giustizia iraniano e l’ambasciatore della Repubblica islamica a Roma avevano detto chiaramente che per la liberazione di Sala, Teheran si aspettava quella del cittadino iraniano detenuto nel carcere di Opera. Ci si chiede cosa dunque avrebbe fatto cambiare la retorica cinica delle autorità iraniane.
Lo scenario della sospensione
Probabilmente ha influito il viaggio della presidente Meloni a Mar-a-Lago in Florida, dove ha incontrato il neoeletto presidente Usa Donald Trump e il suo consigliere e segretario per l’efficienza governativa, Elon Musk. Ebbene, secondo la versione di alcuni media italiani, durante quell’incontro, il presidente Trump avrebbe accettato di consentire la sospensione, seppur temporaneamente, dell’estradizione dell’iraniano detenuto a Milano, accusato dagli Stati Uniti di aver aggirato le sanzioni sulle armi imposte a Teheran e di terrorismo, per il suo coinvolgimento in un attacco del febbraio scorso ad una base USA vicino al confine tra Giordania e Siria in cui sono morti tre soldati americani. La sospensione offrirebbe all’Italia una breve finestra di tempo per negoziare il rilascio di Cecilia Sala e perciò sarebbe opportuno che non si parli più di scambio e che tutto avvenga secondo modalità che non mettano in cattiva luce le autorità iraniane e che dunque la trattativa si sposti su presunte violazioni della legge islamica.
I precedenti
Una analoga conclusione vi fu con il rapimento dell’accademica Kylie Moore-Gilbert, australiana-britannica, scambiata con tre pericolosi cittadini iraniani, con Olivier Vandecasteele, attivista umanitario belga e con Johan Floderus, diplomatico svedese. Tutti e tre, costoro, cittadini dell’Unione europea, arrestati per costringere i loro paesi a liberare pericolosi criminali pasdaran con le mani grondanti di sangue. È giunto il momento che l’Unione europea e tutte le democrazie occidentali inizino a prendere sul serio questa crescente minaccia geopolitica e a dotarsi di uno strumento legislativo per sanzionare pesantemente, a livello comunitario, questa orribile pratica della “diplomazia degli ostaggi”.
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