“In Marcia!” è questo lo slogan con cui nella Capitale sono apparsi manifesti di nostalgici e post-fascisti per ricordare il centenario della marcia su Roma, subito rimossi. I manifesti abusivi sono comparsi anche nel Capoluogo partenopeo. Napoli, Città medaglia d’oro della Resistenza, capace di liberarsi da sola dall’occupazione nazista, getta un’onta sulle sue ‘giornate’ ricordando una delle giornate più buie della storia d’Italia. Ma nonostante ‘la marcia’ per il Ventennio del regime rappresenti un punto di riferimento per la storia del fascismo, dato che fu presa come giorno per contare gli anni secondo l’era fascista, il 28 ottobre 1922 non fu una rivoluzione, non ci furono lotte, né ribaltamenti. Fu invece la più grande vergogna della Corona prima e dell’establishment istituzionale poi.

I fascisti non fecero altro che accomodarsi. Era tutto pronto, la porta aperta. L’unicum italiano, il piglio originale del nostro Paese non si fece attendere nemmeno in quell’occasione, quando grottescamente Benito Mussolini da vero Duce andò a condurre la sua rivoluzione in treno, comodamente in vagone letto. Sarà stato allora che avranno iniziato a viaggiare in orario? “Penso Mussolini in pigiama, o forse in camicia (non nera, speriamo!) farsi la barba la mattina del 27 ottobre all’arrivo a Roma, dopo la sveglia del conduttore, con il giornale ed il caffè!”. Così se lo immagina l’urbanista Michele Valori. Così immaginiamo l’Uomo della Provvidenza, così ‘comune’ da affidargli le sorti di una Nazione da parte di un sovrano pavido come Vittorio Emanuele III, con il beneplacito del Presidente del Consiglio Facta.

Tutto, pur di lasciare fuori, lontano dal Palazzo, i socialisti e adesso anche questi altri, arrivati da poco, ma che vogliono gli interessi, pure loro, della povera gente, i comunisti. Anche l’Avanti! giornale prima diretto e poi mandato al rogo da Mussolini, aveva rilevato già un anno prima, durante il congresso fascista, che l’unici ad appoggiare e a lasciare mano agli squadristi nella città di Roma fu la classe dirigente.
Il 28 ottobre fu certamente una data storica, ma non per una gloria per il PNF, bensì un monito per la politica in Italia, abituata così tanto a giocare al ribasso dal ridursi a lasciare mano libera al prepotente, con un attendismo che spesso si risolve ‘ in marcio’.