Il dibattito de L’ora del Riformista
Chi sarà il nuovo premier in Francia, il pericolo estrema destra a Berlino, la crisi in altri settori dopo l’automotive: tempesta perfetta sull’Europa
La crisi dell’automotive, le imminenti elezioni in Germania e la caduta del governo Barnier in Francia. Questi i tre temi principali dell’ultimo appuntamento de L’ora del Riformista, il talk di approfondimento politico del nostro giornale. Il dibattito, dal titolo Europa a motori spenti, è stato moderato da Aldo Torchiaro e ha visto protagonisti Eric Jozsef (storico corrispondente da Roma per il quotidiano Libération, già candidato alle europee con la lista Stati Uniti d’Europa), Anna Paola Concia (attivista per i diritti civili, da 10 anni in Germania), Sandro Gozi (eurodeputato di Renew Europe), Matteo Ricci (europarlamentare del Partito democratico) e Riccardo Ruggeri (analista degli scenari europei dell’automotive).
Ha aperto i lavori il direttore del Riformista, Claudio Velardi, con una panoramica sulla situazione europea attuale anche alla luce delle recenti elezioni americane. Una crisi di sistema è, per Jozsef, quella che ha visto in Francia la caduta del governo di Michel Barnier. Alla base di questa i contrapposti 3 poli che non riescono a trovare una maggioranza e non solo: “In Italia – ha detto – il presidente della Repubblica modera e risolve le situazioni, in Francia invece è parte del problema: diventa difficile riunire i partiti, andando oltre il proprio perimetro, per trovare accordi e compromessi. Macron ha due alternative. Potrebbe guardare più a sinistra ma non è detto che troverebbe una maggioranza, ma lo stesso presidente non vorrebbe perché sa che la sinistra smonterebbe parte della sua linea. O potrebbe guardare a destra, e in quel caso ci sarebbe la disponibilità di Marine Le Pen”.
Parla di un paese bloccato Concia. Un governo litigioso, un cancelliere debole che non riescono a far fronte a una Germania che andrà in esercizio provvisorio e quindi non approverà il Bilancio: “Non vedo benissimo le elezioni del prossimo 23 febbraio. L’estrema destra – ha spiegato – incombe e infatti la Cdu con Friedrich Merz è data per favorita, ma con chi governerà? Sembrerebbe corteggiare i verdi, che sarebbero disposti a superare il tabù del pareggio di Bilancio. L’altra ipotesi, per me terrificante, è quella di una grande coalizione tra Merz e Olaf Scholz”. E a proposito della crisi dell’automotive ha aggiunto: “Il Cda Volkswagen si è incartato dopo il dieselgate, non pensando né all’elettrico né all’ibrido. Le ricadute su tutto l’indotto sono drammatiche e per questo bisognerebbe fare un piano europeo”.
Per avere un’Europa forte che prenda decisioni su temi importanti come sull’Ucraina e sul Medio Oriente, dice Gozi, c’è bisogno della forza di Germania e Francia. La prima dovrebbe puntare su Merz e – sfruttando anche il debito comune europeo – dovrebbe fare investimenti sulla Difesa, mentre la seconda avrebbe bisogno di una personalità indipendente nel ruolo di primo ministro: “Il più adatto – ha riferito – è François Bayrou, è leale a Macron ma non può essere considerato un suo sottotenente. È capace di dialogare con tutti, anche con Marine Le Pen, e infatti penso possa ottenere un patto di non belligeranza sottoscritto anche dalle parti più estreme”.
Il timore di un’Europa non competitiva al passo con i tempi serpeggia in Matteo Ricci, tra le divisioni interne di Francia e Germania e un governo italiano sovranista, ma la preoccupazione è data dalla Cina “con un libero mercato ancora più efficace e aggressivo in assenza di democrazia” e da Donald Trump che vorrebbe “un’Europa non unita”. “Avevo maggiori aspettative in Ursula von der Leyen – ha affermato – ma non si è dimostrata all’altezza: prima ha costruito un’alleanza larga e poi ha strizzato l’occhio alla destra”. Poi ha chiosato: “La questione automotive apre uno scontro che rischiamo di avere in altri settori, passa l’idea che la transizione non sia sostenibile dal punto di vista sociale”.
“Non si può passare da una tecnologia radicale come quella del motore endotermico a un’altra radicale come quella del motore elettrico”, ha detto Ruggeri in riferimento alla direttiva che vorrebbe zero emissioni entro il 2035. Tracciando una distinzione netta tra Europa e Cina, ha ricordato come quest’ultima abbia deciso di fare 26 centrali elettriche che la porteranno ad avere tutte auto elettriche che andranno a carbone. “I cinesi – ha aggiunto – sono partiti da un’intuizione politica, hanno capito che nelle vetture c’è tutto il sapere umano e che per questo dovevano puntare su questo settore per occidentalizzarsi”.
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