Due notizie: chiude il Centro Editoriale Dehoniano di Bologna, che ha (aveva) la Casa editrice Edb, diverse riviste, e nel 2017 aveva acquisito la Casa editrice Marietti 1820, marchio di prestigio e molto antico. Seconda notizia: è iniziato il Sinodo dei Vescovi, un processo complesso che parte da Roma, va nelle Chiese locali e a livello continentale, ritornando a Roma per le conclusioni tra due-tre anni. Quale è il legame tra le due notizie? Il legame è lo “sfascio” in cui versa la “cultura cattolica” o quanto meno una presenza culturale e formativa per il mondo cattolico e del mondo cattolico.

Con la richiesta di fallimento presentata l’8 ottobre al tribunale di Bologna, i Dehoniani gettano la spugna. La casa editrice avviata nel 1962, come ha scritto su Settimananews padre Lorenzo Prezzi, «nell’arco di questi sessant’anni ha messo a disposizione dei lettori 8.400 titoli, con alcuni milioni di libri venduti, coltivando i settori della Bibbia, teologia, catechesi, pastorale, spiritualità, scolastico e una ventina di riviste. 55 le collane (Edb e Marietti 1820). La prima stagione, quella delle origini, ha fatto fruttificare grandi intuizioni, come la Bibbia di Gerusalemme, gli Enchiridion Vaticanum, i manuali di teologia. Nella seconda sono cresciuti gli apporti dei biblisti (come Ravasi, Gargano, Barbaglio, Fausti, Grilli) e dei teologi italiani. Praticamente tutte le generazioni dei teologi del post-concilio hanno pubblicato anche con il nostro marchio.

Si è allargata l’offerta degli Enchiridion (Cei, Oecumenicum, encicliche ecc.) e si è intensificata la pubblicazione di grandi opere, come il Denzinger, il Commento al Codice di diritto canonico, il Conciliorum Oecumenicorum Decreta, il Dizionario dei concetti biblici del NT, la Concordanza pastorale della Bibbia». Per evitare il fallimento non sono servite alcune misure, anche drastiche, messe in campo negli ultimi anni: taglio dei costi di gestione, trasformazione in digitale di alcune riviste, riduzione dei libri prodotti, marketing digitale. Si chiude e basta, insieme alla riduzione delle librerie cattoliche e uno stato di crisi generale dell’editoria religiosa. Tuttavia non basta dare la colpa al “mercato” o alla crisi del libro e della lettura in Italia. Per il mondo cattolico la situazione è diversa e più preoccupante.

Emerge in modo evidente un ampio stato di sofferenza della “cultura cattolica”, nel senso della capacità di formazione continua e costante, di un aggiornamento al passo con i tempi. I cattolici italiani, detto in modo chiaro, hanno un’età media alta, leggono poco, non hanno tanta capacità di intercettare e interessare le giovani generazioni, si lamentano di uno stato di minoranza e di sudditanza rispetto alla “cultura laica”. Però non leggono, non approfondiscono, non comprano riviste e quotidiani, tanto meno libri. Spigolano qua e là, non hanno canali formativi e informativi strutturati – ovvero quelli che ci sono non decollano e si riferiscono ad un pubblico molto ristretto. Eppure dal Concilio Vaticano II sono trascorsi ben 60 anni. Non sono bastati a rinnovare la mentalità e la formazione. Ne è testimone il silenzio dei vescovi italiani: come si può accettare la chiusura di un casa editrice così importante? Come si può accettare di avere ancora meno cultura, ancora meno formazione? Non dovrebbe essere il primo impegno: avere un laicato competente, aggiornato, capace di leggere i “segni dei tempi”?

Ed ecco il Sinodo, che riguarda anche l’Italia (evidentemente!) e vede un po’ dappertutto i vescovi in grande difficoltà. Perché Sinodo sarebbe – come ha detto domenica il Papa – un grande impegno corale e universale: «Fare Sinodo significa (…) camminare insieme. Guardiamo a Gesù, che sulla strada dapprima incontra l’uomo ricco, poi ascolta le sue domande e infine lo aiuta a discernere che cosa fare per avere la vita eterna. Incontrare, ascoltare, discernere: tre verbi del Sinodo». Suggestivo ed evocativo. Gli Atti degli Apostoli – dice la “vulgata” cristiana – raccontano del primo Sinodo, il cosiddetto “Concilio” di Gerusalemme, quando i dodici apostoli si riunirono per prendere decisioni importanti – ad esempio l’annuncio del Vangelo è solo per gli ebrei o per tutti? – e la risposta alla domanda la troviamo in 1,2 miliardi di cattolici, oggi, in cinque continenti.

Suggestivo, ma al di là di questo nessuno oggi sa più cosa sia un vero Sinodo. Certo c’è il “Sinodo dei Vescovi”, una struttura della Curia Romana, ma è un ufficio, non un “Sinodo” cioè un processo di attuazione di qualcosa. A Papa Francesco va dato il merito di rinnovare procedure di lavoro un tantino stantie, cercando di coinvolgere di più e meglio un po’ tutte le componenti del mondo cattolico: laici, vescovi, conferenze episcopali. Sforzo gigantesco che “cade” in almeno due aporie. Una generale, la seconda tutta italiana. L’aporia generale è il semplice e banale diritto di voto: nel Sinodo come riunione dei vescovi in Vaticano, il diritto di voto lo hanno solo i vescovi. Infatti è il “Sinodo dei vescovi”. Papa Francesco sta introducendo l’idea di “Sinodo” più onnicomprensiva. Però alla fine quando si riuniranno in Vaticano fra due o tre anni, bisognerà decidere “chi” vota: tutti (uomini e donne, laici e sacerdoti); oppure solo i vescovi? Sarà la cartina al tornasole della bontà dell’iniziativa. Senza considerare il fatto che cosa sia un “Sinodo” a livello locale, oggi proprio nessuno lo sa. Tanto alla fine il diritto canonico prevede che solo il vescovo decide. E tanti saluti alla “sinodalità”.

Le seconda aporia è tutta italiana. Come potrà mettersi in cammino, in “Sinodo” una chiesa che perde i pezzi pregiati? Come, appunto, le due case editrici – Edb e Marietti – ed il Centro editoriale che produceva cultura religiosa – capace di dialogo con il mondo laico (pensiamo alle opere complete di Franco Ferrarotti che Marietti stava pubblicando…). Da oggi non ci sono più e la povertà culturale diventa evidente. In questo senso risorgono (e gioiscono) i circoli legati al mondo tradizionalista. Di fronte alla complessità del mondo e delle questioni sociali, culturali ed etiche (pensiamo alla biopolitica, ai temi dell’eutanasia e del fine vita, alla Bioetica globale) hanno vita più facile tutti quei settori tradizionalisti che si rifugiano nelle frasi fatte del catechismo e di una visione tradizionale che definisce rigidamente e manualisticamente cosa sia giusto e sbagliato.

Invece la capacità di argomentare, scrutare dentro le situazioni, non fermarsi alle formule, è sempre vista con sospetto. Con i Dehoniani che chiudono, la capacità di interrogarsi e spiegare, si indebolisce. Gli altri gioiscono. I vescovi tacciono. Questa è la chiesa italiana che affronta il Sinodo. Non sembra un gran chiesa. E forse un motivo c’è. Non può darsi che ai vescovi e ai sacerdoti, piacciano laici non troppo preparati culturalmente? Forse preferiscono dei laici che ascoltano, annuiscono, non discutono, non possiedono strumenti critici come quelli forniti da un’editoria di qualità. Questa seconda scompare, i primi proliferano.

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).