L’altro ieri grazie a gay.it sono incappata nello spot Renault che racconta in un minuto la storia trentennale della Clio attraverso la storia di due donne che si amano. Una storia struggente, nella quale le due ragazze si conoscono da bambine, da adolescenti si innamorano, provano a vivere la loro storia d’amore. Come spesso accadeva, e purtroppo accade ancora, i genitori impediscono che la loro storia d’amore vada avanti. Una delle due si sposa con un uomo, ma dopo un po’ va dalla sua amata, sempre con la Clio, e tornano insieme, mettono al mondo una bimba e, con l’ultimo modello della Clio, vanno dai nonni, quei nonni che avevano impedito loro in passato di amarsi. Happy end.

Ho pianto, sì ho pianto davanti a una pubblicità, e lo rivendico perché molto spesso, troppo spesso, solo la pubblicità ha saputo raccontare la vita vera in modo vincente. Vincente significa che ha saputo essere dentro i sentimenti delle persone in carne ed ossa, dentro le loro vite. D’altra parte è quello che fa, da sempre, la pubblicità vincente. A voi eterosessuali quanto vi piaceva, quanto vi commuoveva il papà che andava a lavorare fuori e si portava in tasca una penna Barilla e mentre la guardava come un simulacro pensava alla sua bella famigliuola? Dite la verità? Che tenerezza, che senso di casa, che commozione! E perché non dovremmo noi, donne lesbiche (ma anche i gay spero) commuoverci, intenerirci quando viene raccontata la nostra vita? La nostra vita vera, finalmente. Fatta di passione, di amore, di fatica ma per fortuna anche di riscatto. Per me, per la mia storia personale che molti conoscono, era anche la messa in scena della mia vita, un amore giovanile con una donna, il rifiuto della società, un matrimonio con un uomo per sconfiggere l’omosessualità e finalmente la forza di andare verso il mio desiderio. La canzone molto bella alla fine dice «finalmente ci sei mia meraviglia». Mi sono immedesimata nelle carezze che rivolgo a Ricarda quando la vedo, quando la guardo, e penso alla fatica che mi è costata, quella tenerezza. E che non è giusto che io, noi dobbiamo faticare così tanto e a voi basta una penna Barilla e per voi è tutto così semplice. Pensateci.

Ho scritto a Renault Italia su twitter chiedendo se avessero trovato il coraggio di mandare questo spot sul circuito italiano. Mi hanno risposto che era programmato per il mercato inglese, come immaginavo. Dovete sapere, lo so perché vivo in Germania, che molte aziende differenziano i messaggi sugli omosessuali a seconda dei paesi a cui si rivolgono. Ford, per esempio, è un grande sponsor del Pride di Colonia, da sempre. In Italia non si sognerebbe mai di sponsorizzarne uno. Qualcosa lentamente sta cambiando anche da noi, ma molto lentamente, e oggi le aziende in un clima così regressivo sui diritti civili, nel nostro Paese non si permettono di fare scelte audaci. Forse dovremmo in tanti farci attraversare da quella tenerezza che una pubblicità ci racconta, perché non fa male a nessuno, anzi.

Anna Paola Concia

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