Non sono un semplice convegno o un gabinetto letterario
Colloqui fiorentini, la vera scuola attiva: un momento di partecipazione e protagonismo vero dei ragazzi
C’è un luogo che da oltre due decenni, senza fare troppo clamore mediatico, mette insieme fisicamente per tre giorni anche 4.000 tra studenti ed insegnanti che arrivano, sostenendo le spese, da ogni parte d’Italia e fanno scuola, anzi fanno un percorso educativo. A dire il vero, e a sentire le parole di docenti e soprattutto studenti, fanno un’esperienza ed è l’esperienza dei “Colloqui fiorentini”. I curatori scelgono un autore, comunicano su cosa si lavorerà nei tre giorni a Firenze, docenti e studenti propongono in classe questa possibilità e per le classi che accettano, ci si iscrive e parte il lavoro. Un vero e proprio lavoro perché i protagonisti sono ragazzi e loro docenti. Si studia, si pensa, ci si confronta, si scrive. Poi nella tre giorni si ascoltano le lezioni insieme, si lavora in gruppo, sempre guidati da un docente, ed infine si esprime ciò che si è scoperto. Proprio così, scoperto, perché la scuola non è semplicemente una serie di nozioni da trasmettere ma decisamente molto di più. E i Colloqui vogliono essere un metodo per gli insegnanti, non una delle tante metodologie o tecniche, ma un metodo una strada.
Tutto questo nasce dall’intuizione di un docente di italiano all’istituto per il turismo Marco Polo di Firenze, Gilberto Baroni. Un docente che sa affascinare i suoi studenti, ce ne sono tanti nella scuola italiana, ma lui si chiede perché non proporre questo metodo a tutti. Edoardo Speranza allora presidente dell’ente cassa di risparmio di Firenze è entusiasta ed è da lui che nasce quel nome: “I Colloqui fiorentini”, sulla scia di quei “Colloqui mediterranei” di La Pira a cui Edoardo Speranza era legatissimo. La cosa si fa seria e l’organizzazione anche, così Gilberto chiede al figlio Pietro che allora frequentava il secondo anno di lettere, un aiuto. Adesso Pietro Baroni dirige i Colloqui insieme ad un comitato didattico di 40 docenti provenienti da tutta Italia. Tutti sono passati da una partecipazione ad una implicazione diretta. Così nel 2002 parte l’organizzazione, ma per i curatori poteva essere anche la prima ed unica e parte coinvolgendo le scuole fiorentine.
A tema c’è Montale e si aspettano 100 iscritti al massimo, ne arrivano 450 tanto che la sede viene cambiata tre volte. Fino ad arrivare a Leopardi nel 2019 con 4.000 partecipanti, tutte le regioni coinvolte e affitto del palazzetto dello sport. Poi ci sono le tre edizioni fatte a distanza ed infine quella del 2023 nuovamente in presenza. Ma sempre con grandissima partecipazione, e scarsissima risonanza mediatica, chissà perché. In questi anni calcolano che hanno partecipato più di 60.000 persone tra docenti e ragazzi e il prossimo 29 febbraio e 1-2 marzo 2024 è la volta di Pascoli. All’edizione 2023 hanno aderito 122 scuole da tutte le regioni d’Italia, per un totale di 2.519 iscrizioni. Sono numeri ed esperienze che dimostrano che i ragazzi non sono la generazione X, o privi di ideali e valori o “bamboccioni” o come qualche editorialista li vuole definire ciclicamente. Sono ragazzi che, come tutti i ragazzi hanno avuto e avranno, domande, dubbi, fanno esperienze e hanno bisogno di essere accompagnati nella scoperta da adulti, ma adulti veri che siano all’altezza delle loro domande.
Quando si pensa alla scuola, qualcuno ancora ha l’idea di un insieme di nozioni da trasmettere, regole grammaticali, formule, spiegazioni, interrogazioni e giudizi. Per carità, la scuola è anche questo ma non assolutamente solo questo. A scuola si fa un percorso educativo di crescita. Un percorso che si scopre insieme agli insegnanti ed ai compagni e magari “aiutati” dalle materie che più ci affascinano e da alcuni autori. Leopardi – mi dice Pietro Baroni – non scriveva per essere catalogato in un genere letterario ma per esprimere ciò che provava. Non una nozione quindi ma un’esperienza e questo gli studenti lo capiscono, anzi lo aspettano dai loro insegnanti. E ciò che gli insegnanti vedono li commuove, vedono i ragazzi sbocciare, li vedono accendere l’attenzione, la critica, il giudizio, sono protagonisti loro. I “Colloqui” non sono quindi un convegno, un simposio e neppure un gabinetto letterario, nessuna “lezione ex cathedra”, ma incontri e dialoghi tra autori e ragazzi, un momento di partecipazione e protagonismo vero dei ragazzi, e sono gli adulti, prima a sfidare i ragazzi attraverso gli autori e poi ad ascoltare cosa hanno da dire, le scoperte fatte, il giudizio che esprimono.
Nel 2023 i Colloqui sono tornati in presenza con oltre 2.500 partecipanti, sulle tracce di Italo Calvino e della sua inesausta curiosità per la vita, per la sua complessità, per le sue infinite sfumature; per tutti i momenti in cui si spalanca la porta della profondità, come un invito ad andare al fondo, una sfida alla nostra libertà, alla nostra intelligenza, alla nostra sensibilità. “È verso la verità che corriamo, la penna e io…”. Questa la sfida, in questo nostro mondo fluido, in questo tempo fatto di incertezze, preoccupazioni e paure: può la letteratura, la penna dello scrittore indicare una via di uscita dal labirinto? Un punto di fuga verso l’ordine segreto del mondo? Per tre giorni ai Colloqui fiorentini, questo è stato il lavoro. Sì perché di lavoro si tratta, di un cammino di scoperta delle reali dimensioni della propria umanità. Ditemi se non è il mestiere di noi adulti verso i giovani.
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