Il terribile tumore arrivato dopo aver respirato l’amianto ha avuto la meglio. Franco Di Mare è morto quest’oggi dopo aver combattuto contro un mesotelioma aggressivo. Si è arreso dopo un lungo periodo di convivenza assieme al respiratore asmatico. “È quello che mi permette di essere qui. Da solo ad un terzo della capacità polmonare” aveva spiegato in uno dei suoi ultimi collegamenti televisivi a Che tempo che fa da Fabio Fazio dove aveva anche presentato il suo libro “Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi” e soprattutto spiegato le ragioni della sua malattia, arrivata dopo aver respirato amianto mentre lavorava come inviato di guerra per la Rai. Per anni infatti è stato inviato speciale in zone di guerra dai Balcani all’Afghanistan, dall’Africa al Medio Oriente, all’America Latina, mentre dal 2020 era stato nominato Direttore generale dei programmi del giorno della Rai e nello stesso anno Direttore di Rai3.

La scoperta della malattia

Proprio in trasmissione Di Mare aveva raccontato il primo giorno in cui prese coscienza della malattia: “Ero seduto sul divano di casa, stavo guardando un programma in televisione quando una terribile fitta mi è esplosa tra le scapole, una coltellata. Credevo fosse un dolore intercostale. Pensavo fosse un dolore intercostale, solo dopo ho scoperto che si trattava di una pleura, uno pneumotorace”. La verità l’ha scoperta solo dopo 20 giorni, a seguito di alcuni controlli al Gemelli, quando sottoposto a delle prove sotto sforzo aveva perso i sensi. Giunto in sala raggi per una radiografia la cassa toracica risultava per metà vuota. “Hanno provato a pompare aria per risollevarlo, non è bastato. Lo hanno riattaccato con una sorta di spillatrice. Prima però hanno fatto una biopsia del tessuto”. Dopo la diagnosi: Mesotelioma. “La decorticazione – ha raccontato – mi ha regalato due anni di vita. Poi però, sei mesi fa, c’è stata una recidiva. Si è presentata allo stesso modo. Una fitta acutissima. Stavolta a sinistra”.

Le cause della malattia “Stavo respirando la morte”

Una malattia causata dai suoi impegno lavorativi: “Sono stato a lungo nei Balcani, tra proiettili all’uranio impoverito, iper-veloci, iper-distruttivi, capaci di buttare giù un edificio. Ogni esplosione liberava nell’aria infinite particelle di amianto. Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione. O all’ultima, nel 2000. Stavo respirando la morte”, raccontava al Corriere. Il periodo di incubazione infatti, secondo gli studi, può durare anche trent’anni.

La rabbia per il trattamento in Rai

Da lì la rabbia per il trattamento ricevuto in Rai a seguito della scoperta della malattia: “Si sono dileguati tutti i gruppi dirigenti, non quello attuale. Io chiedevo alla Rai – ha spiegato Di Mare ospite anche a DiMartedì da Floris su La7 – lo stato di servizio che è un mio diritto, così potevo provare a chiedere alle associazioni di categoria cosa fare ma sono spariti tutti”. Il giornalista lamenta l’assenza sul “piano umano” di “persone “a cui parlava dando del tu”, perché ero un dirigente Rai” e che poi “sono sparite, si sono negate al telefono”. “Come se fossi un questuante. Io – continuava – davanti a un atteggiamento del genere trovo un solo aggettivo: ripugnante”. Citando Vujadin Boskov aveva detto “Partita finisce quando arbitro fischia”, e guardava al futuro con ottimismo: “il mio non ha ancora fischiato”. Oggi lascia l’ex moglie Alessandra, la figlia adottiva Stella, e la compagna Giulia Berdini.

Redazione

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