C’è un passaggio, nelle prime dichiarazioni rese da Vincenzo De Luca subito dopo la sua rielezione a governatore, che sintetizza in modo magistrale il cambiamento in atto nella politica locale italiana. Inorgoglito da quel 69,49% di consensi che l’ha confermato al vertice di Palazzo Santa Lucia, lo “sceriffo” ha sottolineato che «il dato elettorale in Campania non può essere letto in termini di destra e sinistra». Poi si è spinto addirittura oltre, evidenziando come la sua candidatura sia stata «sostenuta da un mondo progressista, ma anche da tante forze moderate, anche della destra non ideologica». Non è stato da meno il Veneto Luca Zaia, anch’egli confermato alla guida della sua Regione con oltre il 76% dei voti: «Non deluderò il mio elettorato e quanti si sono avvicinati», ha promesso lasciando intendere come il suo bacino elettorale si sia allargato dal centrodestra a sinistra.

Qual è il significato di queste dichiarazioni? Che è nata una nuova forma di populismo che supera definitivamente i concetti di destra e di sinistra e si caratterizza per il fatto di essere più matura e meno isterica rispetto a quella di marca grillina. Mi spiego meglio. De Luca e Zaia hanno trionfato nelle rispettive regioni perché gli elettori li hanno ritenuti capaci di offrire maggiori garanzie a livello amministrativo. Nella proposta dello “sceriffo” e in quella del “doge” la gente ha colto maggiore stabilità e affidabilità, soprattutto in fasi di emergenza come quella legata al Covid. E questo a prescindere da qualsiasi appartenenza politica. Lo dimostra un dato: De Luca avrebbe vinto in Campania anche se il Partito democratico, al quale è iscritto e che alla fine ha fatto registrare quasi il 17% dei consensi, avesse votato contro di lui; Zaia avrebbe sbaragliato la concorrenza in Veneto anche se la Lega, della quale è uno storico esponente e che pure ha sfiorato il 17% delle preferenze, gli si fosse rivoltata contro. In altre parole, per vincere le elezioni, De Luca non avrebbe avuto bisogno del sostegno del Pd né Zaia di quello della Lega.

Ne deriva che gli elettori campani e veneti non hanno votato dietro la spinta dell’appartenenza politica, ma solo ed esclusivamente in base alle garanzie di capacità amministrativa offerte dall’uno e dall’altro candidato. Si è trattato di un voto meno isterico, dunque, capace di appagare più l’esigenza di stabilità e sicurezza che la “pancia” di chi si è recato alle urne. Certo, tra De Luca e Zaia le differenze restano e sono pure evidenti: il primo si caratterizza per la comunicazione aggressiva e la tendenza alla tolleranza zero, il secondo dimostra come in politica si possano raggiungere risultati lusinghieri mantenendo un atteggiamento sobrio sebbene per nulla remissivo. Dal voto in Campania e in Veneto si ricava l’indicazione di una svolta verso questi modelli politici e amministrativi che, in altri termini, badano più alla sostanza che al colore.

Certo è che le percentuali bulgare con le quali De Luca e Zaia sono stati rieletti (basti pensare che la civica che porta il nome del governatore veneto ha riscosso quasi il 45% dei consensi, praticamente è un partito) rappresentano l’atto di nascita di un nuovo populismo che è espressione non dell’odio per la casta, ma della richiesta di figure in grado di garantire ai territori solide prospettive di sviluppo, accorta gestione dei conflitti e certezze più o meno granitiche nelle fasi di emergenza. Nello stesso tempo, questo nuovo populismo potrebbe essere il certificato di morte di quello grillino: è un caso che, mentre De Luca e Zaia facevano incetta di voti nei rispettivi territori, i grillini siano scomparsi quasi dovunque?

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.