Un processo di primo grado iniziato nel gennaio 2010, arrivato a sentenza nella primavera del 2016 e, a distanza di 41 mesi, ancora senza il deposito delle motivazioni. E’ la storia di un direttore di banca di una filiale di Unicredit condannato a nove anni di reclusione perché accusato di una serie di presunti raggiri insieme ad altri indagati volti a ricettare assegni e documenti d’identità che venivano utilizzati per l’apertura di nuovi conti correnti bancari con cui strappare mutui e finanziamenti irregolari.

A distanza di tutti questi anni non è ancora possibile conoscere il ragionamento fatto dai giudici al termine della camera di consiglio. A raccontare l’assurda vicenda il quotidiano Il Mattino sollecitato dal penalista Luigi Pezzullo, che assiste la Unicredit Spa, costituitasi parte civile nel processo che vede l’ex direttore della filiale e alcuni suoi fedelissimi accusati di associazione a delinquere per truffare l’ex Banca di Roma.

Era il 15 aprile 2016 quando la nona sezione penale del Tribunale di Napoli condannò l’allora direttore della filiale a nove anni di reclusione per truffa, sostituzione di persona, costruzione di falsi profili creditizi, e a novemila euro multa, nonché al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, pari ad un milione e 300mila euro.

Da quel giorno le parti sono in attesa di conoscere le motivazioni. A nulla sono valse le istanze di sollecito presentate dall’avvocato Pezzullo. Dopo 41 mesi ancora nulla.

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