Avanti! della Domenica
Cosa è la transizione ecologica e a che punto è alla fine del 2022
L’anno appena concluso è stato molto importante dal punto di vista della lotta al cambiamento climatico e della tutela dell’ambiente. Innanzitutto, ci sono due buonissime notizie: nel 2022, secondo i dati resi noti finora, gl’investimenti in produzione di energia da fonti rinnovabili sono aumentati, a livello globale, del 24%, contro un aumento degli omologhi investimenti in fonti non rinnovabili del 16%. Ciò significa che la produzione di energia da fonti rinnovabili salirà, per la prima volta, ad oltre il 30% del totale mondiale.
Attenzione, però: buona parte dell’energia rinnovabile mondiale deriva dal settore idroelettrico, che non è ad impatto zero e, soprattutto, è vulnerabile alle modifiche climatiche in atto a livello globale. Tuttavia, volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, se si manterranno gli attuali tendenziali di investimento nel giro di pochi anni potremo avere, a livello globale, più energia prodotta da fonti rinnovabili che non da fonti fossili e non rinnovabili. Una grande rivoluzione, impensabile anche solo pochi anni fa.
La seconda buona notizia per l’ambiente riguarda le aree protette: secondo il rapporto congiunto del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (Unep) e dell’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), tra 2021 e 2022 è stato raggiunto l’obiettivo di proteggere almeno il 17% della Terra. Proprio gli ultimi 10 anni avrebbero segnato una forte accelerazione, con 21,1 milioni di chilometri quadrati di ambienti terrestri e marini protetti in più. Il che è come dire che si protegge un territorio esteso come Russia, India e Turchia messe insieme. Tuttavia, ora il problema, soprattutto nei PVS, sarà quello di saper gestire questa enorme massa di ambiente protetto, sia marino che terrestre.
Da questo punto di vista, ma anche per la svolta verde nella produzione energetica, ci si aspetta molto dai due giganti tra i Paesi in Via di Sviluppo, ovvero India e Brasile. Quest’ultimo, essendosi liberato dell’ultraliberista e trumpiano Bolsonaro, pare pronto a ritornare a proteggere seriamente l’Amazzonia, che è il maggior polmone verde del pianeta ed uno scrigno di biodiversità. L’India, a causa del gravissimo inquinamento delle sue metropoli e dell’inquinamento delle sue acque interne, sta intraprendendo delle politiche di transizione ecologica molto coraggiose e lungimiranti.
Entrambi questi Paesi, insieme all’Europa, hanno giocato un ruolo decisivo per non far fallire la Cop 27 de Il Cairo, a novembre in Egitto. E qui arriviamo alle cattive notizie per l’anno appena trascorso: non è stato un summit di svolta, come ci si attendeva. Non sono stati presi impegni vincolanti sulla riduzione delle emissioni di Co2, uno dei maggiori responsabili del riscaldamento terrestre, e non sono stati rispettati neanche gli impegni di finanziamento della transizione a favore dei Paesi più poveri e vulnerabili ai cambiamenti climatici: cose che accadono, soprattutto quando le due più grandi potenze planetarie (Stati Uniti e Cina) si guardano in cagnesco da anni, lucidano i fucili e relegano la transizione ecologica a problema di second’ordine. Come se ce lo potessimo permettere.
Dunque, tutto rinviato alla Cop 28 di Dubai di quest’anno, sperando che sia la volta buona e ci si possa unire per affrontare il vero nemico globale: un clima impazzito che fa registrare 20° gradi di massima sulle Alpi in pieno inverno, e promette di peggiorare ulteriormente. Intanto, in Ucraina ed in tanti altri posti nel mondo, si continua a combattere e morire: anche questo, oltre alle morti ed alla distruzione di case ed infrastrutture, danneggia gravemente l’ambiente e sottrae risorse alla inevitabile transizione ecologica.
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