Domani la Consulta sarà chiamata a decidere sulla legittimità costituzionale della norma che prevede la retroattività della sospensione dei termini della prescrizione introdotta durante l’emergenza sanitaria, e di quella che prevede l’inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo. Sul primo punto le questioni di legittimità costituzionale sono state sollevate da diversi Tribunali – Siena, Spoleto, Crotone e Roma – . Le disposizioni di legge censurate sono contenute nel D.L. 17 marzo 2020, n.18 e nel D.L. 8 aprile 2020, n.23.

Tali norme adottate dal Governo al fine di contrastare l’emergenza epidemiologica prevedono tra l’altro di sospendere il decorso della prescrizione anche per i reati commessi prima dell’entrata in vigore delle norme stesse. Secondo i giudici remittenti le leggi al vaglio costituzionale determinerebbero “un aggravamento del regime di punibilità, in contrasto con il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole”. Detto in parole più semplici: non si può rendere retroattiva una legge che va a sfavore del reo. In questo procedimento è stato ammesso anche un amicus curiae redatto dall’Osservatorio Corte Costituzionale dell’Ucpi, il cui responsabile, il professore avvocato Vittorio Manes, ci dice: “le garanzie di uno Stato di Diritto devono valere soprattutto nei momenti di emergenza.

Fare retroagire una sospensione con effetti peggiorativi della situazione degli imputati contrasta con la garanzia del nullum crimen sine lege. Il principio di irretroattività secondo la giurisprudenza costituzionale non ammette deroghe, è considerato inderogabile dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo anche nei momenti di emergenza, anche nei casi di guerra”. Il relatore per questo procedimento sarà il giudice Nicolò Zanon.

Passiamo alla seconda questione. La legge 12 aprile 2019 n. 33 recante “Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo” è stata fortemente voluta dalla Lega di Matteo Salvini ma anche dal Movimento 5 Stelle. Prima della sua entrata in vigore, la pena dell’ergastolo, per chi richiedeva il rito abbreviato, era sostituita con quella della reclusione di anni trenta; mentre al posto dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, si applicava l’ergastolo. Ora, secondo un giudice dell’udienza preliminare di La Spezia, di un G.U.P. di Piacenza e della Corte d’assise di Napoli la legge che vieta di accedere al giudizio abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo avrebbe profili di incostituzionalità.

Vediamo perché: ad avviso del G.U.P. di La Spezia “la previsione dell’inapplicabilità del giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo contrasterebbe, anzitutto, con i principi di uguaglianza e ragionevolezza”. Inoltre “la preclusione all’accesso al giudizio abbreviato, inciderebbe sull’amministrazione della giustizia, dando luogo a processi di durata non ragionevole, in contrasto con il principio sancito dall’articolo 111, secondo comma, della Costituzione”. A ciò si aggiunge, secondo il G.U.P. di Piacenza, che ” le norme censurate inciderebbero sul principio di presunzione di non colpevolezza e sul principio della ragionevole durata del processo, precludendo all’imputato di poter contare su una procedura più snella e celere rispetto a quella dibattimentale per giungere all’accertamento della sua eventuale responsabilità, ma anche al suo proscioglimento”.

La Corte di Assise di Napoli arriva addirittura a criticare la norma perché violerebbe il diritto di difesa ” come diritto di accesso ai riti alternativi”; se si preclude all’imputato il rito abbreviato lo si priva “della possibilità di accedere ad un rito camerale, e deve, quindi, necessariamente affrontare il dibattimento in pubblica udienza, con lesione del diritto alla riservatezza e al rispetto della dignità”. Giudice relatore per questa discussione sarà il professore Francesco Viganò.