L'analisi
Crisi in Iran, l’esperta: “Il governo teme le giovani donne e le loro lotte”
Una giovane con il viso coperto che viene trascinata via dalla calca lungo la strada principale che da Azadi Square si estende verso il centro, lasciando una lunga scia di sangue. Decine di dimostranti che fuggono in preda al panico mentre si sentono in sottofondo esplosioni e spari. Le immagini arrivate da Teheran nell’ultima settimana non lasciano adito a dubbi: uso di gas lacrimogeni e di armi da fuoco testimoniano la repressione violenta della manifestazione contro il regime. Eppure la polizia nega di aver sparato sulla folla.
Tra i volti delle nuove proteste tante donne e la violenza con cui vengono colpite testimonia l’importanza del loro ruolo. Molte di loro difendono apertamente i diritti umani e per questo sono accusate di guidare proteste alimentate da governi stranieri, in particolare dagli Stati Uniti. E oggi sono ancora più in pericolo che in passato. «Il governo ha paura delle giovani donne e delle loro lotte. Ha paura della loro dignità, della loro forza.
Le persone chiedono oggi le stesse cose che le donne hanno chiesto per anni e i politici sanno che le donne hanno imparato a reagire ai tentativi di sopprimere le loro richieste» sostiene Negar Mortazavi, giornalista iraniana con nazionalità americana e opinionista per Cnn e Indipendent che vive e lavora a Washington. L’indignazione dopo le ammissioni del regime della propria responsabilità nell’abbattimento dell’aereo ucraino ha ridato vigore alle proteste per il rincaro dei prezzi del carburante che aveva suscitato profondo malcontento e dissenso in Iran dei mesi scorsi. Le università della capitale sono presidiate dai Pasdaran che pattugliano le strade. Ma l’onda del dissenso arriva anche da altre città iraniane, da Sanandaj a Mashhad, da Rasht, Amol e Kashan.
Mentre la tensione interna cresce, in Qatar, dove sono in corso consultazioni e tentativi di cooperazione per la sicurezza dell’intera regione, si respira aria di de-escalation. L’emiro del paese mediorientale che si è proposto come mediatore, Tamim bin Hamad Al-Thani, dopo un lungo colloquio con il presidente iraniano Hassan Rohani ha ribadito la volontà dell’Iran a stemperare le tensioni con gli Stati Uniti.
Per la Mortazavi la crisi tra Iran e Usa è in una fase di calma temporanea. «Ma la tensione tra le parti è altissima. La guerra per procura continuerà a meno che Trump e Teheran non cambino la loro politica e non ridimensionino le rispettive rivendicazioni». Sul fronte interno, l’analista politica di origini iraniane ha sin dal primo momento sostenuto che l’uccisione di Soleimani non avesse suscitato emozione e sdegno in tutti gli iraniani.
«Per molti Soleimani era il “comandante” che aveva combattuto e sconfitto l’ISIS, che è l’incubo di ogni iraniano – prosegue Mortazavi – Si è conquistato così lo status di eroe. Ma ciò che ha spinto le persone a radunarsi attorno alla propria bandiera è stata la rabbia per le minacce di una potenziale guerra da parte degli Stati Uniti. Ecco perché tutte le fazioni politiche e milioni di persone sono insorte contro l’azione americana». Sentimento diffuso anche tra i tanti membri della comunità iraniana negli Usa, che vive all’ombra delle animosità tra le parti da 40 anni e sotto l’amministrazione Trump ha visto peggiorare lo stato dei propri diritti: dure sanzioni, divieto di viaggio e ora paura per la guerra e la sicurezza dei familiari in Iran.
«Le tensioni continueranno – sostiene la giornalista e analista politica iraniana – Entrambe le parti stanno evitando la guerra ma la regione è instabile e le cose possono sfuggire di mano. La situazione è davvero molto pericolosa. Speriamo che altri paesi, oltre al Qatar, si facciano avanti per mediare tra Trump e Iran». Auspicio che dovrebbe essere favorito dal passo indietro statunitense rispetto al clima di belligeranza delle scorse settimane. Stando a quanto riferito dal segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Mark Esper, il presidente Trump sarebbe pronto a sedersi e a discutere «senza precondizioni» una nuova via da seguire con l’Iran. Nonostante i tweet minacciosi con i quali l’inquilino della Casa Bianca ha avvertito Teheran di non reprimere le proteste popolari.
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