Chick-fil-A, una nota catena di sandwich di pollo statunitense, con ben 2600 punti vendita sparsi in tutto il Paese e chiusi tradizionalmente la domenica per “glorificare Dio”, è finita ieri nel tritacarne di molti utenti conservatori di Twitter che hanno accusato la catena di fast-food con sede in Georgia di essere “woke”, in un curioso – ed ennesimo – cortocircuito comunicativo nella polarizzazione tutta americana tra ultraconservatori e ultraprogressisti.

E’ successo che martedì utenti conservatori dei social media si sono accorti che l’azienda aveva pubblicato tempo prima una pagina dedicata alle cosiddette DEI, cioè a quelle pratiche – molto comuni nella gestione delle risorse umane delle aziende statunitensi, ma anche europee – che promuovono una cultura aziendale legata alle diversità, all’equità ed all’inclusione.

La pagina web della DEI di Chick-fil-A afferma che uno dei “valori fondamentali è che siamo migliori insieme” e che il suo “impegno per essere Better at Together significa incorporare Diversità, Equità e Inclusione in tutto ciò che facciamo”, “garantendo parità di accesso”, “valorizzando le differenze” e “creando una cultura di appartenenza”. Il vicepresidente dell’azienda, Erick McReynolds, ha dichiarato che “la cura degli altri inizia nel ristorante e [l’azienda] si impegna a garantire il rispetto reciproco, la comprensione e la dignità ovunque operiamo”. Lo scopo aziendale include “glorificare Dio essendo fedeli amministratori di tutto ciò che ci viene affidato” e “avere un’influenza positiva su tutti coloro che entrano in contatto con essa”.

La cosa curiosa è che l’azienda qualche anno fa aveva attirato l’attenzione e le ire dei progressisti per le donazioni fatte a gruppi contrari al matrimonio omosessuale.

L’assalto ultraconservatore è stato lanciato lunedì scorso dal seguitissimo podcaster Joey Mannarino. “Abbiamo un problema”, ha twittato, “Chick-Fil-A ha appena assunto un vicepresidente per la Diversità, l’Equità e l’Inclusione. Questo è un male. Molto male. Spero non sia necessario invitare al boicottaggio”. Altri seguitissimi influencer ultraconservatori hanno di lì a poco invitato al boicottaggio della catena di fast food.

Nelle ultime settimane altre aziende sono finite sotto il fuoco della “wokeness”, questa mania tutta statunitense di polarizzare sempre più il dibattito su diritti, aborto e questioni razziali. Il marketing della birra Bud Light è finito nel tritacarne conservatore per aver ingaggiato come testimonial l’influenzar transgender Dylan Mulvaney, mentre Target – nota catena di supermercati – è stata colpita da polemiche legate ai suoi articoli per il Gay Pride di quest’anno.

 

 

Redazione

Autore