Charles Asher Small è il direttore esecutivo dell’ISGAP, l’Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy. Già professore in alcune delle università più prestigiose del mondo, è da sempre attivo nel contrasto all’antisemitismo contemporaneo. L’ISGAP, nato nel 2004, è infatti uno dei centri più autorevoli sullo scenario internazionale con l’intento di fornire soluzioni politiche globali per combattere l’antisemitismo. Nel luglio del 2019 ISGAP ha lanciato il progetto “Follow The Money”: una ricerca in continuo aggiornamento che indaga e traccia il percorso dei finanziamenti illeciti provenienti dai regimi del Golfo alle università degli Stati Uniti e non solo.

Quanto trovato dai gruppi di ricerca ISGAP ha evidenziato in maniera chiara come alcuni Paesi e organizzazioni contigue al terrorismo di matrice islamica si adoperino per creare spaccature interne alle società democratiche occidentali al fine di renderle più vulnerabili, attraverso l’iniezione massiccia e continua di enormi somme di denaro verso le organizzazioni culturali occidentali, prime fra tutte le università più influenti del mondo. In questo modo Paesi come il Qatar e organizzazioni come i Fratelli Musulmani si infiltrano per disgregare i valori e le libertà occidentali, facendo vacillare lo spirito e il discorso democratico, e facendo quindi sostenere il terrorismo aizzando il sentimento antisemita all’interno delle accademie. Sono proprio questi i risultati sconvolgenti rivelati dai report ISGAP, pubblicati a partire dal 2019, che hanno portato ad aprire indagini presso il Dipartimento di Giustizia statunitense e l’FBI.

Seguendo il flusso monetario, si è potuto così scoprire come flussi continui di centinaia di milioni di dollari siano entrati nelle casse delle università statunitensi senza alcuna dichiarazione al Dipartimento dell’Istruzione, nonostante gli obblighi di legge Usa. In questo contesto, il dossier ISGAP più recente – “Foreign Infiltration. Georgetown University, Qatar, and the Muslim Brotherhood” – ha fornito dei dati ancora più eclatanti, scoperchiando la politica ventennale di finanziamenti qatarioti di circa un miliardo di dollari verso la Georgetown University. Un vero paradosso per l’università cattolica gesuita più antica degli Stati Uniti. Volendo approfondire, abbiamo intervistato il prof Charles Asher Small.

Professor Small, alla luce di quanto emerso, viene spontaneo chiedersi: come mai un’università di tradizione cattolica come quella della Georgetown ha avuto un così forte coinvolgimento con governi del Medio Oriente?
«Bella domanda, andrebbe chiesto ai dirigenti della Georgetown… Guardi, cooperare e sviluppare politiche di collaborazione per favorire lo scambio d’idee è una cosa fondamentale, e mi sembra che nelle nostre università ci sia spazio per questo tipo di partecipazione. Un’altra cosa è invece quanto fatto dalla Georgetown e da altre università americane: ricevere soldi da regimi antidemocratici non vuol dire arricchire il nostro discorso culturale. Il regime del Qatar, bisogna essere franchi, ha un giuramento spirituale verso i Fratelli Musulmani, gli stessi che vogliono eliminare la presenza ebraica e cristiana in Medio Oriente. Il Qatar in primis finanzia le forze che stanno mettendo in crisi e in sofferenza i cristiani in quelle zone. È un controsenso pensare che questi stessi attori poi promuovano politiche di scambio interreligioso in campo accademico. È un cortocircuito tipico, ahimè, del nostro panorama intellettuale postmoderno. Poi sa, è più facile passare per le università perché – specialmente negli Stati Uniti, ma anche in Europa – sono trattate come un settore non regolamentato dell’economia: sono libere di fare ciò che vogliono. Il che è un bene, non mi si fraintenda, ma poi quando ci si ritrova a scoprire certe cose diventa difficile avere fiducia verso queste istituzioni fondamentali per la nostra società. Con la bacchetta formano i cittadini e i leader di domani, mentre con il borsello prendono soldi da antisemiti, sessisti, omofobi; lentamente stanno diventando parte dell’istituzione. Una minaccia reale per la democrazia, per i cattolici, per gli ebrei, le donne, gli omosessuali».

La Georgetown University possiede un Campus a Doha, nato nel 2005 con la missione di unire e promuovere l’arricchimento e la conoscenza reciproca tra diverse religioni e culture, seguendo l’esempio del fondatore dei gesuiti Sant’Ignazio di Loyola. Eppure, sembrerebbe che questa scelta derivi dalle difficoltà finanziarie attraversate dall’università all’epoca. Accettando un sostegno economico di un governo straniero non si corre il rischio di diventare dipendenti e non più estremamente liberi nelle scelte dell’apprendimento?
«Sì, senz’altro. La cosa preoccupante è che all’epoca la leadership di Georgetown non ci pensò minimamente; servivano dei soldi e accettarono. Abbiamo trovato un accordo per un miliardo di dollari con il Qatar, una cifra sconvolgente. Ma rendiamoci conto, questa primavera hanno dato un riconoscimento alla sceicca Moza Bint Nasser, madre dell’Emiro; una donna che ha difeso pubblicamente Hamas. Lo trovo preoccupante, se non ridicolo. Quello che ha fatto e sta facendo Hamas lo sappiamo tutti. Una medaglia d’onore a chi ha difeso Hamas è uno scandalo, eppure non ha fatto troppo rumore. Sono soldi insanguinati quelli che Georgetown sta accettando. Ma nel 2005 a Georgetown non ci pensarono minimamente, volevano aprire un canale di comunicazione con il Medio Oriente per ricevere dei soldi, tappare le falle finanziarie, e allora…».

Forse i qatarioti sono stati più «bravi» di noi?
«Io credo che i qatarioti siano dei maestri. Giocano a scacchi, investono tanti miliardi e sfruttano bene il soft power per influenzare le società democratiche occidentali. E loro lo sanno chiaramente, se influenzi le migliori università influenzerai la cultura e così discorrendo. I luoghi di studio sono forse le istituzioni più importanti di una democrazia. Quindi, quando sei Georgetown e hai uno dei programmi di diplomazia più importanti per il tuo Paese, non puoi assumere professori che sposano l’ideologia dei Fratelli Musulmani. O meglio, puoi, ma ti dai la zappa sui piedi. Infatti non dobbiamo sorprenderci nel vedere che questi professori adesso impattino nettamente sulla cultura accademica e sulla vita intellettuale. Parte dalle aule e arriva nelle strade delle nostre città occidentali, dal centro alla periferia, funziona così. Queste idee stanno destabilizzando la società americana e quella europea, minacciano le nostre democrazie. I giovani universitari delle migliori università supportano deliberatamente un’organizzazione terroristica che vuole soggiogare le donne, uccidere gli omosessuali, abbattere le democrazie. In tutto questo, l’antisemitismo gioca il ruolo di miccia, una miccia molto pericolosa».

I fondi hanno sostenuto anche il Center for Contemporary Arab Studies (CCAS) e l’Alwaleed Bin Talal Center for Muslim-Christian Understanding (ACMCU), trasformandoli de facto – secondo l’ISGAP – in piattaforme ideologiche allineate con gli interessi geopolitici del Qatar. Come mai due centri nati per promuovere il dialogo cristiano-musulmano sono lentamente diventati terreni fertili per discorsi di antagonismo?
«Forse dovevamo aspettarcelo, certo, però in quei centri, spesso più vicini a idee politiche di sinistra, sta trovando spazio un fenomeno particolare. La parte del pensiero e della riflessione occidentale che sta cercando di sradicare la spiritualità e la religione dal nostro mondo, attraverso la messa in discussione dei princìpi cristiani, si sta sempre più avvicinando ad ascoltare le istanze di leader e intellettuali musulmani. Magari non direttamente, ma in modo soft, conciliando il velo per le donne con la libertà di scelta sul proprio corpo. Sono due universi lontani che incredibilmente si parlano e si piacciono, ma uno dei due sta evidentemente tramando contro l’altro. È veramente una relazione strana, come ad esempio da un lato ci sono Paesi che stanno cercando di estirpare le tendenze di radicalismo religioso come gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita, il Bahrain e il Marocco. Dall’altra parte ci sono Nord America ed Europa che stanno diventando il centro per il radicalismo religioso islamico: quelle personalità espulse dal Medio Oriente sono da noi accolte come belle e autentiche voci di quella regione. L’estrema sinistra occidentale e gli islamisti condividono sicuramente un punto: l’abbandono e l’espulsione dell’egemonia dell’Occidente negli spazi un tempo coloniali. E questo fenomeno sta cominciando a vivere di vita propria».

Evidentemente, il 7 ottobre 2023 ha scosso il mondo intero e in particolare il mondo universitario. All’interno della Georgetown University, durante le fasi successive del conflitto, si è registrata una forte crescita di sentimenti e manifestazioni antisemite, soprattutto tra i membri affiliati al CCAS e all’ACMCU. Com’è possibile che in luoghi dove la cultura cristiana si incontra con quella musulmana si verifichino accanimenti verso il mondo ebraico?
«È esattamente dove è finita la maggior parte dei soldi qatarioti. È dove sono convogliati i finanziamenti dei Fratelli Musulmani. È lì dove i professori che difendono i Fratelli Musulmani, insegnano, dove le giovani leve vengono inserite. Stanno diventando l’avanguardia dell’odio verso gli ebrei, del rinnovato antisemitismo. Ma non solo, è lì che c’è l’avanguardia delle prospettive e delle ideologie antidemocratiche. E, paradossalmente, è lì che si formano i politici e i diplomatici statunitensi. È allarmante anche il fatto che nessuno, tra tutti coloro che hanno a cuore la democrazia e la libertà, si sia risvegliato nel vedere da dove questi sentimenti di odio e distruzione vengano fuori: da due centri che dovrebbero favorire il dialogo. La sicumera con cui crediamo di percorrere la via corretta, ecco: questo è veramente preoccupante».

E in tali contesti di protesta, di rabbia e di odio, si percorre la strada di utilizzare l’antisionismo come un paravento per un antisemitismo mai spurgato del tutto, sia dal lato occidentale che orientale?
«Sì, sicuramente. Mi viene da fare riferimento alla teologia della sostituzione, ma non voglio essere troppo filosofico. Gli ebrei sono diventati i nazisti e i palestinesi sono diventati gli ebrei. Gli ebrei sono diventati gli occupatori nazisti di una terra. Se uno ci riflette, adesso Gesù è diventato palestinese, non viene più considerato come un ebreo. È la teologia della sostituzione, nulla di nuovo. La vecchia teoria, applicata al contesto moderno, e qui trova terreno fertile anche nell’orizzonte cristiano perché è dove la teoria si è originata. Ma non voglio pensare solo in negativo, credo ci sia speranza: vedo tante persone di coscienza che si stanno rendendo conto di tutti quei pericoli di cui abbiamo appena discusso. E spero che siano proprio loro – a cominciare dal mondo cattolico e dal Vaticano, che vede i cristiani perseguitati proprio dai regimi del Medio Oriente – a difendere la cosa più cara che dovrebbe accomunarci tutti: la democrazia».

Enrico Casanova

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