Dai vescovi ai trattori, è stata una giornata complicata per il governo. “Giorgia, siamo qua”. “Lolli- Lolli, anche per te, vogliamo il ministro”. Il ministro – al secolo Francesco Lollobrigida – è sopra, secondo piano di palazzo Chigi, dove sta per cominciare il Consiglio dei ministri. Ma non scenderà, né lui né la premier. Con garbo e anche scaltrezza – le forze dell’ordine non li hanno visti arrivare – un centinaio di agricoltori calabresi si sono presentati con tanto di striscioni sotto palazzo Chigi per chiedere di “parlare con Presidente e ministro, così come hanno fatto le altre sigle”. In cui non si riconoscono anche se poi, gratta gratta, le rivendicazioni sono le stesse: i piccoli agricoltori non hanno più garanzie sul reddito, tra questioni climatiche e grandi realtà che si mangiano i piccoli. “È un massacro e noi non ce la facciamo”, è la richiesta di maggiore attenzione per la parte più bassa della filiera, quella dei piccoli agricoltori. In Italia nel 2022 hanno chiuso quasi quattromila aziende agricole.

Nel 2023 il dato sarà confermato se solo in Puglia hanno chiuso 2200 aziende. Dati e cifre che rimbalzano anche negli altri due presìdi organizzati ieri nella Capitale di quello che doveva essere il d-day dell’agricoltura. Diciamolo subito: nessun d-day, nessuna invasione né occupazione. Un migliaio e anche qualcosa in più ieri mattina davanti al Campidoglio. Duemila circa al Circo Massimo nel pomeriggio, dalle 15 in poi. E poi il gruppetto di calabresi arrivato fino a Largo Chigi. Alla fine il giorno della “grande manifestazione” conta cinquemila persone e una dozzina di trattori. Chi ha manifestato in una “piazza” ha volutamente ignorato le altre ed ecco che i numeri in questo caso vanno sommati. Ma al di là dei numeri, a fine giornata sui taccuini restano un paio di concetti: il fronte degli agricoltori in marcia è molto frantumato e non si sente rappresentato dalle sigle tradizionali, Coldiretti in testa; è un popolo, magari piccolo, in cerca di leader e che si sente tradito dal governo e dalla maggioranza, da quella parte politica – la destra – che una volta invece aveva promesso loro la luna e le stelle.

Per il resto, un paese che scende in piazza e può esprimere il proprio dissenso è sempre un buon segnale. Se aggiungiamo però che in questi mesi in piazza sono scesi i sanitari, medici e infermieri, i sindacati, il trasporto, gli studenti, i lavoratori della ex Ilva e i tanti, troppi presìdi, di fabbriche che rischiano di chiudere, i pacifisti e i filo palestinesi, chi ce l’ha con la Rai e la sua “smaccata censura”, non si può non notare che le faglie del malessere sono tante. E che non va “tutto bene” come invece racconta la narrazione della maggioranza.

In Campidoglio ieri mattina non c’erano solo gli agricoltori. Si sono presentati anche pescatori siciliani e sardi sotto le insegne di “Popolo produttivo e Altra Agricoltura”. E poi anche cartelli no vax, no tax, quelli con le “Scie chimiche” quel mondo populista, anti Nato e pro Russia (si è vista anche una bandiera russa) orfano di una parte politica – Lega e Fratelli d’Italia – che fino a due anni all’agosto 2022 scendeva in strada con loro ma adesso è chiusa la a palazzo Chigi e neppure li riceve. Due trattori delle associazioni, alle 9, hanno sfilato per Roma fino al Colosseo. L’appuntamento più atteso era nel pomeriggio al Circo Massimo, quello organizzato dai Comitati riuniti agricoltura (Cra) il cui leader, Danilo Calvani, ha guidato un corteo di undici trattori in arrivo da Cecchina, la parte sud di Roma. “La gente, al nostro passaggio, ci ha accolto con un entusiasmo straordinario, il popolo sta con gli agricoltori e gli agricoltori stanno con il popolo”, ha detto Calvani.

Un piccolo palco è stato allestito su un camion, da qui è partito subito un attacco al ministro Lollobrigida e alla Coldiretti, il sindacato più forte, più grande, con cui il ministero pensava di poter gestire, senza ulteriori impicci, il complesso e anche molto ricco (sei miliardi ogni anno in arrivo dall’Europa) dossier agricoltura. “Siamo qui – ha aggiunto Calvani – perché ci hanno massacrato. Hanno fatto accordi con Paesi extra europei distruggendo la nostra economia costretta a regole e regolamenti. E questo lo stanno facendo multinazionali straniere e italiane con l’avallo di Coldiretti. Qui non parliamo del Governo, parliamo di Lollobrigida che non ci rappresenta. Ha detto lui che è amico della Coldiretti. Il problema è lui in questo momento”. Tante bandiere tricolori, i cartelli già visti in questi ormai quindici giorni di proteste e presìdi: “No alla carne sintetica, no alla farina di grilli, sì alla tutela del made in Italy e dell’Agricoltura tradizionale in genere che costituisce la base alimentare della società”. Ad un certo punto s’è sentito: “Lotta dura senza paura”. I punti e le richieste sono stati scritti in una lettera consegnata poche ore prima nella sede romana della Commissione europea.

La mobilitazione si è sciolta verso le 18. Proprio mentre la premier Meloni teneva, durante il consiglio dei ministri, un’informativa sull’immigrazione, i dati. Negli stessi minuti, mentre si allontanavano i cingolati dei trattori, si sono sentiti gli squilli di tromba dei vescovi italiani. “Il Senato ha approvato l’accordo AlbaniaItalia per il trattenimento di migranti che la Guardia costiera salverà in mare, 673 milioni di euro in dieci anni in fumo per l’incapacità di costruire un sistema di accoglienza diffusa del nostro Paese, al 16° posto in Europa nell’accoglienza dei richiedenti asilo rispetto al numero degli abitanti”, ha detto monsignor Gian Carlo Perego, presidente Cemi e Migrantes della Conferenza episcopale italiana. E se non bastasse, monsignor Perego ha aggiunto: “Un nuovo atto di non governo delle migrazioni, di non tutela degli ultimi della terra. Una nuova sconfitta della democrazia”. Una bocciatura netta. Una denuncia clamorosa. Molto peggio dei trattori.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.