Il declino
Dalla liberalizzazione dei taxi alle concessioni balneari ai Neet: la crisi economica dell’Italia spiegata dal Wall Street Journal

“La lunga attesa per i taxi a Milano e Roma non è solo un fastidio. Molti italiani vedono il problema come un esempio imbarazzante del fallimento del Paese nel dare una scossa alla sua sclerotica economia, che è cresciuta a malapena negli ultimi 30 anni”. E’ un passaggio di un articolo de “The Wall Street Journal” sui disservizi in Italia dei tassisti che da anni si oppongono alla libera concorrenza con scioperi e proteste.
Il media statunitense ricorda le lunghe file da parte di cittadini e turisti sia ad aeroporti e stazioni che nei punti riservati in città ai tassisti che da anni si oppongono all’ingresso nel settore delle società di ride-sharing come Uber. “L’industria dei taxi è un sintomo di ciò che non funziona in Italia”, ha spiegato al WSJ Gabriele Grea, professore di economia all’Università Bocconi di Milano specializzato in trasporti.
Stando ai dati diffusi dalla Banca Mondiale, l’economia italiana è più piccola dell’1,5% rispetto al 2007, prima della crisi finanziaria globale. In quel periodo l’economia tedesca è cresciuta del 17%, quella francese del 13% e quella degli Stati Uniti del 28%. E, secondo l’agenzia nazionale di statistica, l’economia italiana dovrebbe crescere dello 0,7% quest’anno e il prossimo. Una crescita a rilento, frenata anche dai continui cambi al governo e dalle lotte intestine all’interno dei vari esecutivi. Lotte che hanno ottenuto il risultato di frenare la ripresa italiana, già fortemente condizionata dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina che hanno portato “in dono” inflazione e aumento dei tassi.
Una regressione non solo economica ma soprattutto culturale che, inevitabilmente, gioca un ruolo decisivo nella crescita del Paese. In Italia, secondo il servizio statistico dell’UE, il 55% delle donne in età lavorativa sono occupate, il livello più basso dell’Unione Europea. Numeri impietosi se si confrontano con l’80% in Germania e il 71% in Francia. Altri fattori spingono al ribasso il tasso in Italia, inclusa la mancanza di servizi per l’infanzia a prezzi accessibili. Circostanze che portano molte donne a rinunciare alla carriera per crescere i propri figli. “Se i politici, i datori di lavoro e i sindacati avessero voluto garantire pari opportunità a tutti, avrebbero trovato soluzioni affinché i lavoratori, uomini e donne, potessero conciliare meglio lavoro e vita familiare”, ha spiegato Codogno, economista e consulente che ha co-scritto un recente libro sul declino economico del Paese.
Dopo taxi e lavoro femminile, l’analisi del WSJ passa ai giovani, a quella fascia d’età compresa tra i 15 e i 34 anni che non ha un lavoro, non studia e non ha una formazione (i ‘famosi’ Neet). Si tratta del 21% dei giovani, praticamente uno su cinque. Un dato elevatissimo in Europa se si confronta con il 13% della Francia e il 10% della Germania.
Un declino italiano che il quotidiano americano rimarca sottolineando anche la “grande economia sommersa“, l’evasione fiscale cronica e grandi differenze di ricchezza tra il nord e il sud del Paese. Rispetto ad altre nazioni occidentali, l’Italia ha poche startup di successo a livello internazionale e attrae poco capitale di rischio e figura a malapena nelle classifiche delle 100 migliori università del mondo.
Altro tema che frena la libera concorrenza è quello relativo alla concessioni balneari. Anno dopo anno – sottolinea il The Wall Street Journal – le stesse imprese pagano alle autorità pubbliche una piccola tassa per ottenere lucrose concessioni per affittare ombrelloni e sdraio ai bagnanti. L’UE si è lamentata della mancanza di gare pubbliche competitive e delle entrate insignificanti che il governo italiano riscuote per tali privilegi.
In conclusione, si sottolinea che i problemi delle spiagge e dei taxi italiani dimostrano che i mali del Paese sono legati a cattive leggi, piuttosto che a una mancanza intrinseca di talento o imprenditorialità nel Paese. A dirlo è Carlo Maria Capè, amministratore delegato di BIP, che fornisce consulenza alle imprese dell’Europa e del Sud America sull’uso della tecnologia. “Le regole italiane rendono difficile il cambiamento, ma se le piccole e medie imprese che costituiscono la spina dorsale dell’economia potranno lavorare, si adatteranno ai cambiamenti del mercato”, ha affermato Capè.
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