Il presidente campano Vincenzo De Luca sa prendersi il palcoscenico come pochi. E la “notizia” più importante della tre giorni della festa dell’Unità di Napoli è la sua dichiarazione a favore dell’avvio di un cammino comune «con la componente progressiste e riformista del M5S», per avviare una «percorso ambizioso di tendenziale unificazione verso un’unica forza politica, che sia un partito democratico occidentale, un partito riformista vero». Figurarsi se il Riformista è indifferente alla prospettiva della costruzione di un «partito riformista vero», di notevole consistenza. Il tema sono i presupposti, i detti e i non detti.

Intanto è onesto ribadire che De Luca si conferma come l’unico dirigente di caratura nazionale del Partito democratico che opera in Campania, con un fiuto politico fuori discussione nell’intercettare le questioni montanti. Con quella esternazione, infatti, De Luca non solo prenota un possibile ruolo nazionale – un’ambizione mai del tutto dismessa – ma dà anche la sua benedizione alla candidatura di Gaetano Manfredi che è espressione di quel patto Pd-M5S cui lo stesso presidente campano prefigura un futuro federativo. Ma, come si ricorderà, il patto per Napoli fu firmato da Giuseppe Conte. Non è un caso, dunque, che De Luca scelga proprio l’avvocato ed ex presidente del Consiglio come interlocutore, affermando che esiste un percorso di progettazione di un futuro insieme attorno al tema della sostenibilità e della innovazione che affonda le sue radici proprio nel governo Conte bis. E, se non fosse chiaro, aggiunge che non si può non prendere atto della diffusa simpatia che esiste verso l’ex numero uno di Palazzo Chigi all’interno del Pd. Così De Luca intende anche sbarrare la strada, o arginare i danni, dello slittamento di una parte dei pentastellati verso l’antagonismo di Luigi de Magistris, che è stato il suo vero e acerrimo nemico, e dà una mano a Manfredi nei confronti di Antonio Bassolino, l’altro suo storico rivale, sperando che così la pratica relativa al Comune di Napoli si possa chiudere al primo turno, perché si sa che al ballottaggio può succedere di tutto.

Ma la tesi di De Luca, non nuovissima ma posta con grande forza, si scontra con alcuni dati riassumibili nel fatto che la premessa su cui si fonda è più che discutibile. A Napoli c’è Manfredi, mentre a Roma Raggi è stata difesa fino in fondo dal M5S. Che questo sia un partito progressista e riformista è una petizione di principio. De Luca, tra l’altro, si appella a quella parte del partito che ha aperto una vertenza con il governo Draghi e ne contesta l’agenda in punti qualificanti, a partire dalla riforma della giustizia: per la riforma Bonafede contro la riforma Cartabia, insomma. Inoltre, e di conseguenza, è noto che nel M5S si è realizzato un curioso capovolgimento per cui Beppe Grillo, il portatore storico delle istanze più estremistiche, lavora per la stabilità del governo Draghi, mentre Conte lavora al logorìo. In definitiva è Luigi Di Maio l’esponente più pragmatico e riformista del movimento, ma Di Maio ha una certa difficoltà a inquadrarsi nel progressismo (e il progressismo ha una certa ritrosia a rispecchiarsi in lui…) e ha indicato di recente un’altra via.

Il discorso di De Luca è pertanto centrato sulle vicende campane e, pur ponendo un tema di indubbio rilievo nazionale, al momento non convince. Tralasciando anche le invettive lanciate in passato da De Luca contro il M5S e i suoi maggiori esponenti, il progetto di un’unificazione delle forze riformiste è un tema certamente all’ordina del giorno, nell’ambito di una più generale ristrutturazione del sistema partitico italiano, ma posto in questi termini appare sicuramente meno maturo rispetto a un dialogo con forze che magari sono un po’ meno progressiste per dna ma assai più maturamente riformiste, da Italia Viva a +Europa e ad Azione, fino a lambire lo schieramento di centrodestra in senso proprio. E un tema dirimente, di cui si parla sempre troppo poco, è lo schieramento europeo, perchè il M5S fa parte del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta: bello il nome, ma pieno di compagni di strada imbarazzanti. Intendono entrare nella grande famiglia del socialismo europeo? In conclusione si potrebbe dire a De Luca: il tema esiste, le premesse come da lui poste, oggi, no.