Dopo giorni di polemiche e sospetti, ieri è ripresa la somministrazione del vaccino AstraZeneca. Ed è ripresa negli stessi minuti in cui Vincenzo De Luca, durante il consueto videomessaggio del venerdì, commentava l’ultima idea del governo Draghi: affidarsi a testimonial come l’ex calciatore Francesco Totti o l’ex schermitrice e neosottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali per dare nuovo impulso alla strategia di immunizzazione degli italiani. «Mi auguro che a Totti non capiti la stessa campagna di sciacallaggio mediatico che a dicembre è toccata a qualcuno», ha detto il governatore campano riferendosi a se stesso. Poi ha aggiunto: «A dicembre c’era lo stesso clima, con i no-vax scatenati e la gente che sfidava i politici a vaccinarsi per primi. Perciò mi sono fatto iniettare il siero della Pfizer».

La storia è nota: a fine 2020, quando le autorità concordavano sulla necessità di vaccinare il personale sanitario, De Luca è stato a sorpresa il primo politico a essere immunizzato dal Covid. Il primo non solo in Italia, ma forse al mondo. Di sicuro ben prima del capo dello Stato Sergio Mattarella e persino del presidente americano Joe Biden. Quella mossa è costata non poche critiche al governatore campano che si è giustificato prima con l’intento di rassicurare gli anziani restii a vaccinarsi, poi con la necessità di rompere lo scetticismo sui farmaci anti-Covid.  «A dicembre c’era lo stesso clima di oggi», ha ripetuto De Luca. In realtà non è vero o, al limite, è vero solo in parte.

Tre mesi fa, infatti, la perplessità su vaccini messi a punto e approvati in meno di un anno era palpabile, ma ben più forte era l’attesa della popolazione, nella stragrande maggioranza disposta a farsi somministrare qualunque tipo di siero pur di mettersi alle spalle l’angoscia del Covid. Oggi, invece, la situazione è cambiata. E lo scetticismo rischia di determinare conseguenze pericolose. L’ha spiegato magistralmente la docente universitaria Anna Odone sulle pagine del Domani, facendo riferimento al precedente del Fluad. Era la fine del 2014 quando, in seguito a tre morti sospette, l’Aifa sospese due lotti del vaccino antinfluenzale che furono poi giudicati sicuri e reintrodotti nel giro di un mese. Nel frattempo, però, le somministrazioni si ridussero dell’80% e, alla fine, la copertura degli anziani vaccinati registrò una flessione del 12%.

La stessa situazione si ripropone oggi, con conseguenze potenzialmente peggiori in termini sia sanitari sia economici. Ecco perché, a dicembre, De Luca avrebbe fatto bene ad attendere il suo turno per poi dare la disponibilità a vaccinarsi ora che l’allarmismo ha determinato un’effettiva “fuga da AstraZeneca”. Qualcuno dirà che, tre mesi fa, il governatore non poteva prevedere lo stop alle immunizzazioni verificatosi nei giorni scorsi in diversi Paesi. Certo. Ma è altrettanto vero che De Luca ha “saltato la fila” a suo tempo e che quindi non potrà farsi immunizzare in un momento in cui i politici, prima ancora di testimonial come Totti e Vezzali, sono chiamati a dare un “contributo aggiuntivo” per riavviare una campagna vaccinale che ha subito già troppi rallentamenti. Sarebbe un modo per tranquillizzare gli italiani, disorientati dalle notizie allarmistiche sulle recenti morti sospette e dalle parole confuse dei soliti virologi da salotto, ma anche per ricostruire quel patto di fiducia e trasparenza tra chi governa e chi è governato.

Avatar photo

Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.