Chiamatelo pure decreto-fisco, se vi piace così, ma se andate a vedere bene le conseguenze di questo decreto vi accorgerete che in realtà si potrebbe chiamare decreto Rdt. Non conoscete questa sigla? Ve la spiego io: Rdt era la repubblica democratica tedesca, che è esistita fino al 1990 e in realtà non era molto democratica. Era un pezzo di Germania, il suo lembo orientale intorno a Berlino (contrapposta alla Germania federale, paese liberale) governata dopo il 1945 da un governo comunista, filosovietico, che aveva molte cattive abitudini, ma la principale era quella di spiare tutti. C’è quel film bellissimo, di una quindicina d’anni fa (“Le vite degli altri”) che racconta molto bene quei costumi e quel clima.

Tutti erano spiati, controllati, intercettati. Il controllo a tappeto sulla popolazione, e soprattutto sulla parte più attiva della popolazione (e in particolare sugli intellettuali) era il mezzo attraverso il quale il regime governava il paese, organizzava il consenso, esercitava il dominio ideologico e sociale. Lo spionaggio era il “braccio” della politica. Erano altri tempi, non c’erano i mezzi tecnici di adesso. Però i tedeschi dell’est erano ben organizzati, e le intercettazioni funzionavano.

Che c’entra tutto questo col fisco? Ve lo spiego subito. Il decreto “manette agli evasori”, come lo chiamano, soddisfatti, Travaglio e i suoi 5 Stelle, prevede l’innalzamento delle pene per i presunti evasori fino a quattro o anche a otto anni di galera. Questo innalzamento delle pene ha due conseguenze immediate: permette il carcere preventivo per chi venga sospettato di evasione fiscale (che oggi è impossibile) e consente le intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali.

Mettiamo un attimo da parte la questione del carcere preventivo, della quale quale magari parleremo un’altra volta. Lo sblocco delle intercettazioni permetterà alla magistratura e alla polizia di intercettare quasi tutti noi. Basta un piccolo sospetto, per una dichiarazione dei redditi fatta male, o consegnata in ritardo, o dimenticata, perché scatti una indagine e perché chi indaga sia autorizzato a controllare il nostro telefono, o magari le piazze e i bar dove solitamente andiamo, a piazzare un trojan nel nostro computer o nel cellulare. I trojan, per capirci, sono quei piccoli software che trasformano il computer o il telefono in un apparecchio spia che trasferisce le voci e le immagini all’ufficio addetto allo spionaggio.

A cosa servirà questa gigantesca azione di controllo? In minima parte a colpire l’evasione fiscale, anche perché è improbabile che un evasore fiscale telefoni al suo commercialista e gli dica: “senti, per favore, fai una dichiarazione infedele e tarocca alcune fatture”. In parte assai maggiore lo spionaggio servirà alla magistratura per allargare le sue possibilità di indagine su ogni altro tipo di reato o di comportamento “deviante”. Cioè per aumentare smisuratamente il potere di controllo sulla società. Un po’ l’aveva previsto Orwell. Ma Orwell però non pensava all’Italia.

Oggi in Italia le intercettazioni sono circa 140mila ogni anno. Cioè, circa 140 mila utenze telefoniche sono intercettate. Se pensate a quante persone parlano con una utenza telefonica e moltiplicate per 140 mila, capite bene che milioni di persone hanno avuto la loro privacy ferita. Il decreto Rdt, in teoria, potrebbe portare addirittura al raddoppio delle intercettazioni. Tenete conto che in un paese ultra-rigoroso, come la Germania, le intercettazioni sono meno di 40 mila, in Francia poco più di 20 mila, in Gran Bretagna, paese dove l’indice della criminalità è molto più alto che da noi, le intercettazioni sono tremila. Tremila, capito? 30 volte meno che da noi.

Cosa dicono queste cifre? Dicono che l’Italia rischia di diventare il paese più autoritario d’Europa, quello dove più che in ogni altro paese è limitata la libertà individuale. Lasciamo stare gli slogan facili, l’allarme fascismo, perché capiscono tutti che il problema non è quello del ritorno al passato ma è quello della messa in discussione del futuro. C’è una componente decisiva del governo, e cioè quella dei Cinque Stelle, che basa gran parte del proprio consenso sulla retorica della repressione. Marco Travaglio – che è l’ideologo dei 5 Stelle – ha messo in prima pagina, sul suo giornale, un bel paio di manette, esultando. L’azione combinata della manette, dell’esaltazione del carcere e dell’aumento smisurato delle intercettazione mette in discussione o no la tenuta democratica di questo paese? Io credo di sì.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.