Mario Draghi è tornato. Per un giorno, certo. Ma intanto è tornato a sedere in mezzo al pubblico, a parlare e a confrontarsi, sulla politica e l’Europa, con un intervistatore eccellente. La presentazione dell’ultimo libro di Aldo Cazzullo è stata un evento inedito, per più ragioni. Il contesto, in primis: il sagrato di una delle chiese barocche più belle e più imponenti di Roma, Sant’Ignazio di Loyola. E poi perché non era scontato che il libro di uno storico offrisse lo spunto per parlare del futuro. “Quando eravamo i padroni del mondo”, sottotitolo: “Roma e l’Impero infinito”, uscito con Harper Collins, arriva subito dopo la Caporetto dell’Expo2030. E porta subito, per amor di paradosso, a quel confronto impietoso tra la Roma Caput Mundi e quella Kaputt dei giorni nostri.

Ma bando alle amarezze: c’è il ritorno di Mario Draghi sulla scena a catalizzare l’attenzione dei duecentocinquanta presenti che si accalcano tra le navate della basilica edificata quattro secoli fa e da allora custodita – e non è un caso – dai Gesuiti. Sant’Ignazio ne è stato il fondatore e la guida più salda. Ed è stata a scuola dei Gesuiti che si è formato l’ex premier ed ex governatore.

Draghi aveva già scelto un contesto cattolico, quello del Meeting di Rimini, per anticipare il messaggio della sua prima disponibilità istituzionale. Come non cogliere anche questa volta il segno di un’energia inesauribile, una passione inesausta? Draghi c’è e della sua volontà di rimanere in campo non dubitano i presenti. Che lo fotografano, lo filmano, lo interrompono a suon di applausi. C’è chi è più entusiasta di altri: «Non poteva che accadere in chiesa, un miracolo come quello che ha portato in paradiso donne e uomini presenti. Nel tempio dedicato al fondatore dei Gesuiti, Mario Draghi ha condotto tutte e tutti nel paradiso della speranza concreta: si farà lo Stato Europeo», l’iperbole di Ferdinando Mach di Palmstein, uno dei 250 che vogliono credere al ritorno di Super Mario in pista. «Per servire le istituzioni», li si sente ripete poi, come a concludere una preghiera. E Draghi non li delude. Con passo felpato, incalza la platea. Se l’Impero romano è stato il seme, l’Europa ne è la pianta. Ma avverte: «Questo per l’Europa è un momento critico e speriamo che ci tengano insieme quei valori fondanti che ci hanno messo insieme».

Allerta: «Il modello di crescita sul quale abbiamo voluto fondare l’Europa «Si è dissolto e bisogna reinventarsi un nuovo modo di crescere. Ma per fare questo occorre diventare Stato. Il mercato europeo è troppo piccolo, ci sono tanti mercati e quindi le piccole imprese che nascono in Europa appena crescono hanno davanti due strade: o vendono o vanno negli Stati Uniti». Si fa l’Europa o si muore, si potrebbe dire parafrasando Garibaldi.

L’Europa come stato unitario, un passo non immediato

Aldo Cazzullo confida di essere rimasto molto colpito dalla verve dell’ex presidente del Consiglio. «Ha detto con grande nettezza che l’Europa deve diventare uno Stato. Gli ho detto che io ho 57 anni e mia figlia Rossana, che era con me, 23: chi di noi due vedrà l’Europa diventare Stato unitario? Non ha avuto esitazioni: Rossana. Lo vedranno i nostri figli. Non è una cosa che si farà domani. Però dobbiamo darci un obiettivo, dotarci di un orizzonte». Vola alto, Mario Draghi. Guarda lontano. Ed è quasi un peccato doverlo riportare alle miserie del presente: «Draghi ha dato prova di avere un certo orgoglio italiano. E aggiungerei romano – puntualizza Cazzullo – perché il suo richiamarsi allo spirito degli anni Sessanta, a quel clima di grande fiducia nella Capitale (che nel 1960 ospitò le Olimpiadi, ndr.) oggi si scontra con lo smacco dell’aver preso solo 17 voti contro i 40, forse addirittura 50 che erano stati preventivati». Nei palazzi della politica, il giorno dopo, si fanno orecchie da mercante. Di Draghi non parla chi lo teme. Ma c’è anche chi, oggi come ieri, gli va incontro: «Il Presidente Draghi ha dimostrato ancora una volta la sua saggezza e lungimiranza nella sua analisi sulla necessità di riformare l’Unione europea. La sua visione per un’Europa più forte e coesa, più ‘Stato’, merita e avrà il nostro sostegno», ha scritto sui social senatore Enrico Borghi, capogruppo di Italia Viva a Palazzo Madama.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.