È morto che era una leggenda già in vita. Eddie van Halen resterà per sempre, fino a quando un ragazzo deciderà di imbracciare una chitarra elettrica, uno dei chitarristi rock più influenti e mitici della storia. Aveva 65 anni, stroncato da un cancro alla gola di cui era malato da tempo. Si è spento al St. John Hospital a Santa Monica, in California. Nel 1972 con il fratello maggiore Alex, batterista, aveva formato i van Halen. Alex si trovava al suo capezzale con la moglie Janie e il figlio Wolfgang quando è morto.

Eddie negli ultimi anni non aveva smesso di andare ai concerti. Continuava a salire sul palco con entusiasmo ed energia. Era olandese naturalizzato statunitense, nato a Nimega il 26 gennaio del 1955. Costantemente e periodicamente è rientrato nelle classifiche dei migliori chitarristi di sempre. Non solo tecnica: il suo virtuosismo era dotato anche di una grande carica innovativa e creativa. Era spesso associato e considerato il padre e massimo esponente della tecnica del tapping.

La sua band, omonima, ottenne un contratto grazie all’interessamento di Gene Simmons dei Kiss, impressionato dalla tecnica di Eddie e dalla presenza scenica e vocale del cantante David Lee Roth. Il disco di debutto, omonimo, nel 1978, ha venduto oltre 6 milioni di copie. Il punto più alto della carriera nel 1984 e il singolo Jump, indubbiamente la traccia più famosa della band.

Secondo il bollettino medico la malattia si era complicata molto nelle ultime 72 ore. Il tumore si era propagato fino al cervello. Una malattia lunga 5 anni. Eddie van Halen si era recato anche in Germania in un centro specializzato nella radioterapia. Pare fosse convinto che la malattia fosse stata causata dal plettro di metallo che aveva l’abitudine di tenere in bocca. Era un pesante fumatore.

Redazione

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