Cultura
È morto Limonov, la bomba a mano della scrittura e della politica

Una vita da film. O meglio: da romanzo. Quella di Eduard Veniaminovic Savenko. In arte e in guerra Limonov, che in russo vuol dire “bomba a mano”. Si è spento nella capitale russa, all’età di 77 anni. Lo ha confermato l’ufficio stampa del suo partito, L’altra Russia, di cui era fondatore e leader e il cui simbolo è, per l’appunto, una bomba a mano.
Limonov è stato la provocazione politica e letteraria senza controllo, il non plus ultra del rosso-brunismo, l’apologeta a oltranza del fascio-comunismo. Era uno scrittore, per brevità, oltre che guerrigliero in Jugoslavia, fondatore di partiti politici, agitatore culturale e sociale, poeta disadattato, punk e senzatetto a New York, boemio e provocatore a Parigi, recluso a Mosca e a Saratov. È diventato famoso per la biografia omonima e romanzata (pubblicata in Italia da Adelphi, 2012) dedicatagli dallo scrittore francese Emmanuel Carrère, un racconto no fiction della vita avventurosa e costantemente accidentata da lati oscuri e spesso controversi. Un’opera che lo ha reso celebre in tutto il mondo ma che lo stesso protagonista non si è risparmiato di criticare.
“Limoncka” era nato a Dzerzinsk, in Russia, e cresciuto a Charkiv, in Ucraina. La sua fu un’adolescenza turbolenta tra bande, alcol, droga e frequentazioni a dir poco discutibili. Si trasferì a Mosca – dove cominciò a pubblicare poesie – e poi andò in esilio negli Stati Uniti. A New York entrò in contatto con gli ambienti culturali e avanguardistici più variegati. Scrisse e pubblicò il suo primo romanzo che in Italia la casa editrice Frassinelli tradusse come: Il poeta russo preferisce i grandi negri, facendo riferimento alle esperienze omosessuali di Limonov. La sua scrittura è sempre stata provocatoria, tagliente, a volte cruda, spesso pornografica.
A Parigi invece diventò ufficialmente un intellettuale d’assalto. Sposò la modella Natalika Medvedeva e scrisse tra gli altri per L’idiot international. Prese la cittadinanza francese e divenne famoso come provocatore fascio-comunista. E infatti al ritorno in Russia, alla caduta dell’Unione Sovietica, fondò con il filosofo Aleksandr Dugin – che poi sarà tra gli ideologi del presidente russo Vladimir Putin – il Partito Nazional Bolscevico. Il cui simbolo è un’elaborazione a metà strada tra la bandiera nazista e quella comunista. Il lato più oscuro della sua parabola, oltre queste trovate provocatorie, fu il suo sostegno ai serbo-bosniaci alleati di Slobodan Milosevic nella guerra di Jugoslavia. Nel 2001 venne condannato a due anni di prigione per attività terroristica. E nel 2010 fondò il partito L’altra Russia con l’ex campione mondiale di scacchi Garry Kasparov ma senza mai impensierire la leadership di Putin. Il suo ultimo romanzo sarà pubblicato postumo dalla casa editrice Individuum.
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