Mancano esattamente nove giorni all’attesissimo election day che deciderà il futuro degli Stati Uniti e non solo: perché a seconda di chi tra Donald Trump e Kamala Harris conquisterà la casa Bianca, potrebbero cambiare anche le priorità nell’agenda presidenziale e del Dipartimento di Stato – soprattutto in politica estera – e dunque nei teatri in cui gli Stati Uniti sono impegnati in supporto ai loro alleati. Nove giorni in cui potrebbe succedere di tutto, con il fior fiore dello spionaggio politico e giornalistico all’opera per individuare uno scoop da poter servire all’opinione pubblica compromettendo l’immagine dell’avversario.

Le mille contraddizioni

L’ultima settimana di campagna elettorale del 2016 fu turbolenta, e neanche gli scoop riuscirono ad arrestare la corsa di Trump alla Casa Bianca. Gli Stati Uniti sono una nazione dalle mille contraddizioni e terra di maccartismo su cui si poggia una certa retorica. Quella della paura rossa che oggi è la nuova guerra con la Russia, e con la Cina, in un clima che inebria la stampa liberal che da otto anni cavalca il sogno di incastonare sulle prime pagine una prova dei rapporti tra Donald Trump e Vladimir Putin. Prove che neanche le indagini del Congresso volute dai democratici hanno mai certificato.

La cerchia del nemico

Capita allora che quando si è impossibilitati a trovare la pistola fumante, o anche un semplice sospetto – perché a volte basta solo il sospetto – bisogna virare sulla cerchia del nemico. Ed ecco che i radar democratici hanno puntato il secondo uomo più odiato a sinistra d’America, Elon Musk. Anche questa non è una novità. Come accadde ad Atene, città che idealizziamo troppo e male, quando non si riuscì né e battere né ad incastrare Pericle, si iniziò a processare e linciare politicamente tutta la sua cerchia politica e familiare. Così negli Stati Uniti che amano emulare tanto le città classiche, ha preso il via l’assalto alla cerchia di Trump.

Secondo il Wall Street Journal infatti Elon Musk avrebbe mantenuto rapporti continuati con Vladimir Putin dal 2022. Conversazioni telefoniche in cui il patron di X e soprattutto di SpaceX, e il leader Russo avrebbero affrontato oltre a tematiche d’affari anche questioni geopolitiche, cosi riferiscono fonti dell’intelligence statunitense. Secondo le indiscrezioni Putin avrebbe chiesto a Musk di non attivare il servizio Starlink – la rete di satelliti di proprietà di SpaceX – su Taiwan come favore personale a Xi Jinping. Il Cremlino per bocca del portavoce Dmitry Peskov, ha smentito categoricamente, affermando che l’unico colloquio tra i due è avvenuto prima del 2022 quando parlarono di tecnologie future. Del resto Musk si è schierato nettamente in favore di Kiev mettendo a disposizione proprio la rete di satelliti Starlink.

Timori rilevanti

Le accuse però al di là della campagna elettorale poggiano sui timori rilevanti la “sicurezza nazionale”. Ad oggi Musk lavora con 17 agenzie governative per un giro d’affari di 3 miliardi di dollari, come ha di recente reso noto il New York Times. SpaceX ha speso per l’Ucraina circa 80 milioni di dollari, e mai ha vacillato la vicinanza dell’azienda a Kiev. Musk però si fece portatore di una proposta di pace, che secondo i suoi critici riprende troppe richieste di Mosca. L’intelligence di Kiev affermò però che l’esercito russo aveva utilizzato i terminali di Starlink. Questo ha ulteriormente acceso i riflettori su Musk in un clima rovente come quello attuale, con la Russia decisa a riconquistare Kursk forse con l’impiego di truppe nordcoreane (si parla di 12 mila unità) e con il rischio di una nuova avanzata di Mosca che preoccupa il Pentagono. Tutto quando mancano 9 giorni al voto che deciderà i destini dell’America, e forse del mondo.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.