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Ergastolo, come funziona nel resto del mondo: dalle condanne di 60 anni alla liberazione condizionale. E per numero di omicidi l’Italia è il Paese più sicuro
Riflettere “autarchicamente” sull’ergastolo, trascurando del tutto l’esperienza comparata, sarebbe anacronistico e inadeguato, nell’era della globalizzazione (anche) giuridica, del progressivo riavvicinamento tra i sistemi penali e della cooperazione internazionale anche in materia penale, che obbliga il giudice italiano a verificare la compatibilità dei sistemi stranieri anche ai princìpi costituzionali in tema di limiti e funzioni della pena. Eppure non è semplice offrire un panorama dell’ergastolo nel mondo (traggo l’espressione da D. Galliani in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2022). Vi è, anzitutto, un problema definitorio: l’ergastolo, infatti, non è la pena di morte, non è affatto semplice dire in cosa consiste. Mentre sul piano giuridico e del senso comune “ergastolo” significa pena detentiva perpetua, detenzione per tutta la vita residua e sino alla morte del condannato, indipendentemente dal momento in cui l’esecuzione della pena ha inizio (similmente le espressioni linguistiche degli ordinamenti stranieri: life imprisonment; réclusion ou détention criminelle à perpétuité; lebenslange Freiheitsstrafe; prisión permanente), in concreto le cose sono assai più complicate.
Ergastolo, il confronto col resto del mondo
Sia nel sistema italiano che in una buona parte dei sistemi contemporanei, la condanna all’ergastolo può infatti tradursi in concreto (sia in fatto che in diritto) in una privazione della libertà per un tempo non perpetuo ma determinato, essenzialmente per effetto della liberazione condizionale, cui il condannato può accedere (a determinate condizioni) dopo l’espiazione di una certa quantità di pena, il cui esito positivo può poi produrre l’estinzione della pena. A complicare il quadro sta poi la circostanza che, in alcuni sistemi che non prevedono l’ergastolo, la legge contempla però pene temporanee molto lunghe (es. 40 anni in Montenegro, 50 in Colombia, 60 in Messico), il cui effetto concreto è identico a quello di una pena nominalmente perpetua. In Norvegia, ancora, l’ergastolo non è previsto; tuttavia, se la pena non appare sufficiente to protect society, la legge consente al giudice di imporre una misura di sicurezza detentiva prorogabile in perpetuo. Ritenere che in questi sistemi l’ergastolo non sia previsto, insomma, potrebbe rivelarsi frutto di una “truffa delle etichette”.
Ergastolo, i numeri del mondo
Lo stato dell’arte: al 2021, su 216 Stati del mondo, 183 mantenevano l’ergastolo, solo 33 lo avevano abrogato. Le differenze nei sistemi che prevedono l’ergastolo riguardano due aspetti: se sia prevista la liberazione condizionale e, se sì, a quali condizioni. Quanto al primo tema, dei 183 Paesi con ergastolo, 60 non prevedono la liberazione condizionale: in essi la pena è perpetua in senso proprio, salvo l’intervento di un atto di clemenza (amnistia, indulto, grazia). In Europa appartengono a questo gruppo, in particolare, il Regno Unito (per il caso di whole life order) e l’Olanda; in Ungheria la possibilità di irrogare l’ergastolo senza liberazione condizionale è addirittura scritta in Costituzione (dal 2012; unico caso al mondo). I residui 120 sistemi ammettono la liberazione condizionale (qui si colloca anche l’Italia, salvo il controverso tema dell’ergastolo ostativo, contrario alla CEDU se assunto come presunzione assoluta di non meritevolezza del beneficio), ma grandi sono le differenze in ordine ai requisiti per accedervi.
Solo per restare a quello della pena minima da espiarsi, e rimanendo in Europa, si va dai 12 anni di Danimarca e Svezia, ai 15 di Austria, Germania, Grecia e Svizzera, ai 18 della Francia, ai 25 di Polonia e Spagna, ai 26 dell’Italia, sino ai 30 dell’Estonia (e della Francia per taluni casi) e ai 40 dell’Ungheria (quando consentita). Lo Statuto della Corte penale internazionale (che può irrogare l’ergastolo per i reati più gravi) stabilisce che il condannato abbia diritto alla judicial review della pena decorsi 25 anni. Nel Regno Unito è il giudice a stabilire detto termine, secondo le peculiarità del caso e l’età del condannato (ma le linee guida raccomandano di non superare 30 anni). Nella medesima logica individualizzante, alcuni Stati vietano di comminare la pena perpetua a chi ha più di 60 anni. La Corte EDU, in vari pronunciamenti, ha ritenuto contrario alla Convenzione il minimo di 40 anni (caso ungherese), e non confliggente quello di 20 anni (caso lituano).
Chi decide la liberazione condizionale
Rilevanti sono anche le differenze in ordine alla natura dell’organo preposto a decidere la liberazione condizionale: in Italia, dopo la sentenza n.204/1974 della Consulta che sottrasse questo potere al Ministro, decide il giudice; in altri ordinamenti (per tutti il Regno Unito) l’organo preposto all’esame delle domande di early release (il parole board) può avere connotati misti o del tutto non giudiziali, e questo aspetto ha ripercussioni rilevanti sulle statistiche di accoglimento (di solito basse). La Corte EDU ha ritenuto che la riducibilità de facto dell’ergastolo ad una pena temporanea (altrimenti non conforme alla Convenzione) possa transitare anche per meccanismi non giudiziali di conversione: nel caso inglese ha ritenuto sufficiente la previsione dell’early compassionate release on medical grounds affidato al Ministro della giustizia (il che è francamente discutibile).
Infine è interessante guardare alle statistiche criminali dei singoli contesti nazionali, specialmente per i reati più gravi suscettibili d’essere puniti con l’ergastolo; l’omicidio è un buono strumento d’analisi, poiché è quasi ovunque “reato da ergastolo” ed è afflitto da una scarsa cifra oscura. Ebbene, da questo punto di vista, l’Italia – che pure conosce un ergastolo rigoroso, con 26 anni di pena minima da espiarsi in ogni caso – è uno dei Paesi più sicuri al mondo, dove cioè il rischio di rimanere vittima di un omicidio volontario è tra i più bassi. Nel nostro Paese avvengono grosso modo 300 omicidi l’anno, vale a dire circa 0,55 omicidi ogni 100.000 abitanti. In Europa siamo il Paese più sicuro in assoluto, poiché la media è quasi il doppio (0,9 per 100.000 abitanti); Paesi omogenei al nostro quali Svizzera, Spagna, Austria, Germania, Grecia e Francia, conoscono tassi più elevati (rispettivamente 0,6 – 0,7 – 0,8 – 0,9 – 1,1 – 1,2). Nel Regno Unito, ove esistono anche forme di ergastolo senza liberazione condizionale, il tasso degli omicidi oscilla tra 1 e 1,2 per 100.000 abitanti. Ponendo a raffronto questi dati, si può dire che i Paesi più rigorosi (es. Regno Unito) non sono necessariamente i più sicuri, e che in generale non vi è correlazione tra la sicurezza pubblica e il tasso di rigore della disciplina in concreto dell’ergastolo.
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