Guai a schierarsi contro il tribunale dei social. Guai a provare a leggere e analizzare un episodio in modo diverso dalla massa giustizialista. Ne sa qualcosa il direttore del Riformista Piero Sansonetti che in queste ore è stato letteralmente subissato di messaggi offensivi e diffamatori dopo un tweet sui fratelli Bianchi, condannati all’ergastolo in primo grado per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte.

“Hanno separato i fratelli Bianchi, dopo l’ergastolo. Non si vedranno mai più. Lo stato si comporta con loro con la stessa ferocia con la quale loro si sono comportati con Willy. A me non piace questa cosa. Non trovo che sia civiltà”, questo il pensiero di Sansonetti che ha fatto infuriare gli utenti social di Twitter (è addirittura in tendenza) e di Facebook.

Centinaia i commenti contro l’opinione del direttore. “Dott. Sansonetti, spesso trovo ciò che dice condivisibile e di buon senso, anzi, ritengo che lei sia uno dei pochi che rappresenta un giornalismo serio e indipendente. In questo caso dissento, sia umanamente e sia da marzialista. Quelle due belve meritano questo trattamento” scrive un utente su Twitter.

Altri commenti non li riportiamo perché sono volgari e offensivi. C’è chi addirittura augura il carcere allo stesso Sansonetti, chi attacca il suo eccessivo garantismo, dimenticando, tuttavia, che l’obiettivo della pena dovrebbe essere quello di rieducare. Il carcere non dovrebbe essere vendetta, anche se per l’opinione pubblica è esattamente il contrario.

Gabriele e Marco Bianchi hanno commesso un’azione orribile, insieme agli altri due amici Francesco Belleggia e Mario Pincarelli (condannati a 23 e 21 anni). I due fratelli sono stati condannati all’ergastolo per omicidio volontario anche se “Gabriele non ha toccato Willy e Marco lo ha colpito in un punto che non ha portato alla morte del ragazzo. Per me questa sentenza è un aborto giuridico: sono davvero curioso di capire come motiveranno un omicidio volontario. Leggeremo le motivazioni e poi faremo appello” ha commentato il loro legale Massimiliano Pica.

In un articolo pubblicato ieri sul nostro giornale, Elisabetta Zamparutti spiegava il perché “il carcere fino alla morte per i fratelli Bianchi è una crudeltà insensata“. Una sentenza “agghiacciante tanto quanto quella del reato commesso. È agghiacciante pensare che viviamo in uno Stato che pratica una pena così crudele, il carcere fino alla morte. E degrada così la giustizia a vendetta. Uno Stato che cede alla aberrante, violenta logica che al male si possa e si debba rispondere con altro male finanche nella forma della vendetta perpetua del fine pena mai”.

“Uno Stato-Caino  – prosegue – che pratica, magari non più la pena di morte, ma la pena fino alla morte. Lo dico perché sono profondamente convinta che il modo in cui trattiamo Caino o i Caini, come in questo caso, è il modo in cui trattiamo Abele. Perché la violenza inflitta ad uno si ripercuote inevitabilmente nell’altro o negli altri. E ritenere che la vita stroncata di Willy possa trovare pace in una giustizia che manda per sempre in galera i suoi assassini penso sia una menzogna”.

Redazione

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