Laura Pausini in questi giorni è al centro delle polemiche per il suo no deciso a intonare, durante un’ospitata a El Hormiguero, un popolare quiz della tv spagnola, Bella Ciao. Per questo No libero all’inno partigiano, la cantante italiana più famosa nel mondo, è entrata all’interno di una violenta spirale di critiche ed insulti.

“E’ una canzone molto politica e io non voglio cantare canzoni politiche”, ha obiettato la cantante che per questo è stata sommersa dalle polemiche sui social. Una tempesta mediatica che ha costretto la stessa Pausini a intervenire sulla vicenda con un Tweet : “Non canto canzoni politiche né di destra né di sinistra. Quello che penso della vita lo canto da 30 anni. Che il fascismo sia una vergogna assoluta mi pare una cosa ovvia. Non voglio che qualcuno mi usi per fare propaganda politica. Non inventate ciò che sono”. Invece di calmare le acque ha innescato uno tsunami.

Io personalmente mi chiedo se sia ancora lecito poter fare scelte senza dovere necessariamente salire sul banco degli imputati a doversi giustificare . Uno dei pochi colleghi che ha sostenuto la Pausini è stato Simone Cristicchi che ha scritto: “Ma se la Pausini l’avesse cantata probabilmente si sarebbero scatenate altre polemiche, come è successo a me con ‘Magazzino 18’, quando fui attaccato dall’estrema sinistra perché ho raccontato i crimini commessi sul confine orientale nel dopoguerra dai partigiani di Tito. A me hanno dato del fascista per anni non solo sui social, ma anche nei teatri”.

Se c’è una cosa in cui l’Italia riesce benissimo è la strumentalizzazione politica che deriva da ogni scelta personale. Ogni azione diventa oggetto di critica se non si incasella nella posizione giusta del pensiero unico dominante.
Se pensavamo che il caos ridondante di un cartone con dei maialini avesse lasciato spazio a programmi e temi importanti da campagna elettorale, il caso Pausini ci smentisce . Una boulevard di attacchi e rimandi al fascismo e comunismo, in una storia in cui la stessa Laura non ci sarebbe voluta entrare.
Mi fa sorridere che gli stessi che stanno bollando la Pausini come fascista ,siano gli gli stessi che fino a ieri la esaltavano come artista arcobaleno, femminista, paladina delle donne, dei diritti. La sinistra ti loda se non esci dal recinto che viene tracciato. Come sconfini ti linciano.

Tra tutti gli ambasciatori di odio democratico verso Laura quello che mi ha suscitato più sdegno è stato il cantautore Pierpaolo Capovilla, quello che in un’intervista rilasciata a Rolling Stone si è definito: “Sai, io sono un compagno, un comunista, un vetero-marxista”. Partiamo da qui che dovrebbe essere la fine. Il compagno Capovilla scrive sui suoi social: “La vergogna della canzone italiana nel mondo, che possa sparire per sempre. Non c’è più dignità, né orgoglio, nella nostra storia. Che schifo che fai, canzone italiana. Sprofonda nel tuo bel mare. Libera il mondo.”

Come se non bastasse ha rincarato la dose nei commenti sulla sua pagina Facebook: “Che vada a farsi fottere la canzone Italiana. Oggigiorno non serve a nessuno, se non a chi la canta. Che si vergogni, Laura Pausini, e tutte e tutti quelli come lei. Gente senza storia, senza dignità, senza niente di niente se non il conto in banca. Voglia di bestemmiare”. Parole di una violenza inaudita. Capovilla si è poi scusato e ha scritto: “sto esagerando, troppa rabbia addosso, troppo risentimento, basta così”.

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