Hanno 95 e 101  anni e nella loro lunga vita, attraverso il XX secolo, hanno visto davvero tutto: dalla Spagnola, all’olocausto, dalle grandi crisi economiche alla pandemia del coronavirus. A raccontare la storia di Eva Kollisch e di sua moglie Naomi Replansky è il New York Times che dedica loro un lungo articolo ricco di riflessioni per affrontare il difficile momento che stiamo vivendo.

Naomi, poeta e attivista del lavoro, è nata nel Bronx più di un secolo fa, nel 1918, e, scrive il New York Times “il suo arrivo nel mondo coincise con l’inizio dell’influenza spagnola“. La pandemia, che causò la morte di decine di milioni di persone, colpiva soprattutto i bambini e, ogni qualvolta scoppiava un nuovo focolaio, la vita pubblica veniva sospesa mentre le persone più ricche scappavano dalle città.  La sorella di Naomi fu colpita e rimase paralizzata ad una gamba. Il fratello, qualche anno dopo, sviluppò la mastoidite. In assenza di antibiotici per curarlo, morì rapidamente per quella che essenzialmente era un’infezione all’orecchio.

Entrambe hanno vissuto l’incubo dell’antisemitismo. Eva, oggi professore di letteratura comparata presso, è cresciuta in una famiglia di ricchi intellettuali ebrei fuori Vienna, ricorda di essere stata picchiata da un gruppo di bambini per essere “una sporca ebrea” quando aveva appena 6 anni. Con lo scoppio della guerra scappò con i suoi fratelli prima in treno per i Paesi Bassi e poi in nave per l’Inghilterra. “All’inizio aveva pensato a tutto come un’avventura -racconta Eva – poi, quando eravamo in Inghilterra ho capito molto presto che ero estremamente sola”.  Nel 1940, la famiglia si riunì in America, sbarcando a Staten Island ma i suoi genitori avevano perso tutto, e così sua madre insegnava  inglese ai rifugiati per 25 centesimi l’ora per guadagnare i soldi per diventare una massaggiatrice. Suo padre, che era stato un importante architetto in Austria, vendeva aspirapolveri.

Entrambe hanno dovuto affrontare la Grande depressione, anni di omofobia e pregiudizi. Poi, negli ’80 si sono sconosciute. Fino alla comparsa del coronavirus, Eva e Naomi erano spesso fuori casa. Quasi tutti i giorni facevano lunghe passeggiate, frequentavano il centro di meditazione e facevano acquisti al mercato degli agricoltori.

Lo scorso fine settimana, mentre i newyorkesi comprendevano l’enormità dell’attuale crisi, Naomi e sua moglie erano a casa nel loro appartamento  nell’Upper West Side, ascoltando un vinile. Nessun turbamento: “Il confinamento non mi dà fastidio“. E ora, si ritrovano a desiderare ciò che hanno perso più di quanto temano la pandemia stessa.

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