Un buco nel muro esterno della cella, nel carcere di Bellizzi ad Avellino. Ci hanno lavorato per giorni e l’altra notte hanno utilizzato quel varco per attuare il loro progetto di evasione. Tre detenuti del carcere avellinese sono fuggiti calandosi da quel buco con una fune di lenzuola. Due sono riusciti a far perdere le tracce, un terzo è stato bloccato dopo una breve fuga da carabinieri e agenti della polizia penitenziaria.

Un quarto occupante della cella ha invece rinunciato a partecipare al progetto di evasione. I fuggitivi sono stranieri e sono attivamente ricercati adesso. Intanto la notizia dell’evasione ha suscitato una nuova polemica da parte dei sindacati della polizia penitenziaria, tornati a puntare il dito contro il modello di vigilanza dinamica nelle carceri, arrivando a chiedere le dimissioni della ministra della Giustizia Marta Cartabia. Quella dal carcere di Avellino, sostengono, «è la cronaca di un’evasione annunciata, conseguenza delle scelte sbagliate dei vertici del Ministero della Giustizia e dell’amministrazione penitenziaria che hanno smantellato le politiche di sicurezza delle carceri».

Per i sindacati bisognerebbe abolire vigilanza dinamica e regime aperto, rimettere le sentinelle alle mura di cinta delle carceri, investire in servizi anti-intrusione e anti-scavalcamento. Come se questo bastasse a rendere il loro lavoro più efficace e il carcere un luogo più sicuro. Come se non contassero nulla gli anni di studio e i modelli europei che invece sostengono la necessità e l’utilità di un carcere più umano che, garantendo la funzione rieducativa e non afflittiva della pena, riesce ad essere anche sicuro.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).