Racconta Fabio Martini: “Era il 24 dicembre 1995, da due anni il Psi si era tristemente auto-sfrattato dalla storica sede di via del Corso 476 e quel giorno riuscii ad entrare nel palazzo dove un tempo avevano lavorato Nenni, Lombardi, De Martino, Craxi. Quelle presenze lontane aleggiavano negli uffici oramai vuoti e restavano solo alcuni reperti impolverati. Un foglio, attaccato con lo scotch, ammoniva: “Si ricorda ai compagni che l’acquisto dei francobolli deve essere autorizzato dalla segreteria amministrativa”. Il cartello doveva risalire alla stagione della penuria, e me sembrò il segno del destino: quello di una fine imminente, come conseguenza di un discredito rovinoso tra l’opinione pubblica. Gli anni successivi avrebbero riservato diverse sorprese…”.

Fabio Martini dal 1990 segue per “La Stampa” le vicende della politica italiana, nel 2020 ha pubblicato “Controcorrente, la vera storia di Bettino Craxi” e in questo colloquio con “l’Avanti della domenica” ripercorre alcuni passaggi della storia socialista dei quali è stato testimone come cronista. “Ricordo la terribile Assemblea nazionale del Belsito, autunno 1992, quella della frattura anche personale tra compagni, Craxi, Martelli, Formica, che avevano condiviso tante battaglie e quel giorno compresi una regola non scritta: quando i capi di un partito sono sotto attacco, tendono a chiudersi a riccio, non riescono a capire che per provare a salvaguardarsi, potrebbero trasferire il potere ai più forti del gruppo dirigente, confidando che siano loro a salvare il partito. Non lo capirono neppure i democristiani”.

I giornali soffiavano sul fuoco, inutile negarlo. “Diciamo la verità: quattro giornali – Corriere, Stampa, Repubblica, Unità – e le Tv di Mediaset, nel sostenere Mani pulite, provarono a “suggerire” ai magistrati di tener fuori dalle inchieste i proprietari di quelle testate”. Se i socialisti si trovarono isolati nell’opinione pubblica, i media che responsabilità portano? “Una parte significativa. E neppure la tragica morte di Craxi segnò un’inversione. Ricordo i funerali a Tunisi e un frammento che riassume una tragedia: il corpo di Craxi era stato esposto e sul suo viso era rimasta una smorfia di dolore, che era risultata irriducibile per chi ricompose la salma. Un’immagine angosciosa e indimenticabile”.

Nel 2010 il messaggio del presidente Napolitano alla vedova Anna aiutò a creare un clima diverso? “Un bellissimo messaggio (“Su Craxi durezza senza eguali”) ma non valse a scongelare l’opinione pubblica. E tuttavia in questi ultimi anni una serie di fattori, compresa la dignità, vigorosa e non vittimistica, espressa dai figli di Craxi, hanno finito per aprire un varco nei pregiudizi”.  E quali sono i segnali che dimostrano uno scongelamento nell’opinione pubblica? “Il film “Hammamet”, pur debole dal punto vista drammaturgico, è stato visto da un milione di persone, mentre l’opinione pubblica più avvertita ha capito che il finanziamento illegale non era una prerogativa dei socialisti. E’ vero, il “Qatargate” chiama in causa il “brend” socialista, ma dimostra (assieme al “protagonismo” dalemiano) che nessuno può ergersi a giudice. Senza retorica dovreste prendere atto che la resistenza delle vostre radici ha pochi eguali tra i partiti della Prima Repubblica. Il Psi, unico sempre presente a tutte le elezioni, ha avuto il merito di tenere viva la casa socialista e questo anche grazie al cimento di tutti i vostri Segretari. Gennaro Acquaviva, Luigi Covatta e Cesare Pinelli hanno tenuto alto il buonissimo nome di “Mondoperaio”, accanto alla bella “Rivista storica del socialismo”. Complessivamente sono ben quattro le riviste che si richiamano al socialismo e diverse Fondazioni sono attive. L’”Avanti della domenica” è l’unico giornale di partito che vada in edicola. Possibile che così tante forze disperse non abbiano mai pensato a rimettersi attorno ad un tavolo?”.

Perché proprio ora e non 10 anni fa o magari alle Europee 2024? “Verrebbe da dire: o ora o mai più. Se fino ad oggi una ricomposizione della diaspora è stata oggettivamente impossibile, chi osserva a distanza, scorge uno spiraglio. Si intuisce – ed è la spinta più invisibile – un’ansia di ricongiungersi sentimentalmente con le battaglie della propria giovinezza. Ci sono tanti protagonisti di 30 anni fa decisamente “in palla”. Leggo i libri importanti di Gennaro Acquaviva e di Ugo Intini gli interventi sempre affilati di Claudio Martelli. Sono in campo alcune delle “punte” della vecchia corrente lombardiana. Per non parlare di fuoriclasse come Giuliano Amato e Rino Formica”. Realisticamente per fare cosa? “Non lo so proprio. Ma pensate se tutte queste personalità, dopo tanti anni, si riunissero e decidessero che, assieme al Psi, si possano fare ancora battaglie comuni. Penso che sarebbero in grado di produrre una massa d’urto nella morta gora della politica italiana. So che, nonostante antiche ruggini, si sta lavorando a qualcosa del genere. Se valga la pena tentare, questo lo sapete solo voi”.