Il Riformista ha aperto una riflessione importante sui fondi europei. Diversi articoli ed editoriali ci hanno restituito il quadro dello status quo in Campania. Ed è evidente che si può e si deve fare di più. E questo vale anche per il Programma di Sviluppo Rurale (Psr), l’unico dei programmi europei che in Campania ha raggiunto un livello di spesa accettabile. Bisogna dire, però, che non ha sufficientemente rafforzato e investito nelle priorità di intervento dedicate al trasferimento della conoscenza e innovazione, alla competitività delle imprese e dei sistemi agroalimentari e forestali e all’organizzazione della filiera alimentare e gestione dei rischi. Un investimento in “marketing” che si tradurrebbe in crescita economica di prodotti agroalimentari e di aree rurali del territorio. Prima di analizzare in dettaglio come programmiamo la spesa dei fondi del Psr per il prossimo quinquennio e di come chiudiamo l’attuale programmazione, insomma come affrontiamo la transizione tra la vecchia e nuova programmazione, non possiamo non tener conto anche del Covid. L’effetto dell’emergenza sanitaria ha stravolto i fabbisogni e le richieste per lo sviluppo. È opportuno illustrare dove siamo con i negoziati europei, il luogo in cui si decidono le risorse e gli indirizzi su come spendere i fondi comunitari.

Possiamo dire che anche in questo periodo di blocco e semiblocco legati al lockdown, anche se mancano ancora confronti nelle Commissioni o nel Parlamento europeo, è piuttosto chiaro lo scenario relativo a quante risorse assegnare per i Paesi membri e per le Regioni italiane e gli indirizzi su cui elaborare i diversi accordi nazionali e piani regionali. I leader dell’Ue hanno trovato un accordo sui fondi per il rilancio, che dovranno servire a superare la pandemia e a sostenere gli investimenti nelle transizioni verde e digitale. L’accordo prevede un ammontare di 343,944 miliardi di euro per l’agricoltura all’interno del quadro finanziario pluriennale. I primi 258,59 sono destinati al sostegno diretto al reddito degli agricoltori, gli altri 77,85 al sostegno alle zone rurali e per far fronte all’ampia gamma di sfide economiche, ambientali e sociali. I fondi per la ripresa aggiuntivi destinati all’agricoltura saranno pari a 7,5 miliardi di euro e saranno destinati allo sviluppo rurale. Sono stati individuati anche gli indirizzi, con la definizione del Green New Deal, Biodiversità 2030 e con i sei punti della proposta del presidente di turno del Consiglio Europeo, Angela Merkel, “Insieme. Per rilanciare l’Europa”: documenti incentrati sulla digitalizzazione e lo sviluppo sostenibile, che definiscono gli obiettivi di transizione per raggiungere una economia neutra per il 2030. Tenendo conto del pesantissimo quadro economico italiano e mondiale, se si vuole programmare in tempi brevi occorre la capacità di realizzare piattaforme che semplificano e velocizzano l’accesso ai benefici economici. Per questi motivi le azioni prioritarie diventano quelle di innovare e riorganizzare strumenti e struttura che devono essere create e destinate in modo esclusivo alla gestione dei programmi; così come individuare soggetti intermedi a cui delegare la progettazione e la spesa, in questo modo si velocizza e si migliora la qualità della spesa stessa.

La presentazione di un unico Piano strategico, così come proposto per il futuro della Pac, limita il numero degli interlocutori con Bruxelles, lasciando allo Stato membro il compito di individuare il modello di governance (chi e come si decide e le relazioni tra soggetti) più confacente alle proprie esigenze. La sfida per l’Italia, indipendentemente da quale sarà la futura configurazione del Piano strategico e del ruolo delle Regioni, è di riuscire a dotarsi di regole decisionali snelle che siano un utile strumento al servizio dello sforzo programmatorio richiesto. Il ruolo delle Regioni nella fase di programmazione diventa ancora più delicato ed è lecito chiedersi, anche alla luce delle azioni messe in campo nell’attuale ciclo di programmazione, se nelle Regioni meridionali si è pronti per questa sfida. L’obiettivo è ridurre a pochi e chiari obiettivi lasciando libertà ad eventuali beneficiari di presentare progetti senza paletti, dove possono esplodere le idee di sviluppo, sia esse aziendali che di interi territori. I principali obiettivi per l’utilizzo dei fondi destinati al rilancio dovrebbero dare priorità a: sviluppo di strategie commerciali dal produttore al consumatore; misure innovative pubblico privato di sviluppo di strategie commerciali; digitalizzazione. In più, per le aree interne va sviluppata una visione a lungo termine che supporterà le aree rurali nel raggiungere il loro pieno potenziale. Questo per affrontare le sfide del cambiamento demografico, del basso reddito, dell’accesso limitato ai servizi e alla banda larga nelle aree rurali ed esplorerà soluzioni innovative, inclusive e sostenibili per rispondere agli effetti dei cambiamenti climatici e all’attuale crisi Covid-19, offrendo riflessioni per avviare politiche future più resilienti. Infine, quanto ai cambiamenti climatici, va elaborata una strategia di prevenzione sia per il dissesto idrogeologico che per la resilienza. Vi sono poi, soprattutto per la Campania alcune sfide strutturali cui rispondere con azioni di sistema: la siccità alternata al maltempo e agli eventi climatici estremi come le bombe d’acqua, sono diventati un fenomeno ricorrente. Il problema vero è la dispersione idrica, con reti obsolete che andrebbero ammodernate e adeguate alla situazione attuale, creando contestualmente nuovi ed efficienti bacini di invaso e accumulo. Il sistema di gestione sul territorio non funziona, i consorzi di bonifica in Campania vanno riorganizzati, non riescono a dare risposte adeguate, come pure non si possono più rimandare investimenti nella micro-irrigazione e una gestione più snella e innovativa dei consorzi. La ricerca e l’innovazione in Campania: non si può più rimandare la realizzazione di un grande polo per la ricerca in agricoltura e riorganizzare e innovare i diversi centri di ricerca della regione. Il grande patrimonio di biodiversità è a rischio, generando l’abbandono delle aree interne. Bisogna trovare risposte alla morbilità generata dai cambiamenti climatici, a causa della maggiore sopravvivenza di molti parassiti quali batteri, funghi ed insetti. Aumenteranno le malattie fogliari come ruggini, mal bianco e marciumi di frutti e spighe mentre virosi e batteriosi saranno più diffuse, tutto questo causa anche un forte indebolimento delle piante. Un esempio è il cinipide, un insetto che ha completamente distrutto la filiera castanicola, di cui eravamo i primi produttori in Italia. Inoltre non si vede alcuna pianificazione per introdurre la vera sfida dei prossimi anni, cioè l’Agricoltura 4.0, che grazie alla piena maturazione delle tecnologie digitali, fa vivere al comparto una “seconda giovinezza”: in particolare attraverso l’Internet of Things e i Big Data. L’agricoltura di precisione è in grado di fornire e gestire più informazioni, in maniera più accurata e tempestiva, permettendo di automatizzare attività produttive altrimenti non collegate. Il tutto, integrando le attività di campo con gli altri processi (logistica in primis) che afferiscono all’azienda agricola nel suo complesso, il cosiddetto Internet of Farming. Questo è il campo su cui si svilupperà la competizione globale nei prossimi anni e rispetto alla quale il nostro territorio dovrà farsi trovare pronto.

Maria Grasso

Autore