Valentina Fontana, milanese con un passato nel giornalismo, è oggi alla guida di Vis Factor, realtà di punta nella comunicazione strategica. Nel 2013 ha ideato le rassegne “D’Autore”, che portano politica, cultura e impresa a confrontarsi nei luoghi simbolo d’Italia.

Dal giornalismo a un nuovo modello di consulenza strategica, legato al mondo dell’informazione: quando hai deciso che bisognava cambiare passo e perché?
«In realtà non c’è stato nessun cambio di passo, ma una naturale evoluzione. Prima, la scrittura e la curiosità per l’osservazione della realtà, coltivate durante gli anni di studio alla Statale di Milano, mi hanno portata al giornalismo. Ho scritto per molti anni, ho persino aperto una libreria antiquaria, frequentato ambienti stimolanti di sensibilità diverse. Insomma, vedi, ascolti, sperimenti, navighi in mondi diversi, e cresci ogni giorno. Tra tutte queste contaminazioni l’informazione però è sempre rimasta centrale. Dalle esperienze nei quotidiani fino alla consulenza, dove ho scelto di portare avanti un’impostazione nuova, nell’approccio e nella gestione del giornalismo e dei media ad aziende e istituzioni. Tutto ha preso corpo poi in Vis Factor, che è un laboratorio di comunicazione, produzione di analisi e contenuti, ma anche posizionamento strategico per aziende, istituzioni e politica. Lavoriamo in primis sulla reputazione delle persone».

Hai fondato e guidato realtà che hanno ripensato la consulenza classica nel posizionamento e nei Public Affairs. Che direzione sta prendendo il settore secondo te?
«Studio, ma non seguo mai le tendenze. Preferisco concentrarmi sui modelli di relazione, non standardizzati, che funzionano in Italia e all’estero. Le relazioni devono essere prima di tutto riservate, mai esposte, mai autoreferenziali. Al contrario il presenzialismo rischia di trasformarsi nell’anticamera del fallimento in questo campo. Il settore sta vivendo – come tutto attorno a noi – una fase irreversibile di veloci mutazioni, spesso ancora non del tutto elaborate dagli attori dello stesso processo. Oggi l’operatività del soggetto è sostituita in maniera crescente dagli strumenti della trasformazione digitale, AI e piattaforme, per cui il fattore umano deve assumere sempre più strategicità del ruolo. Accade così nella gestione delle relazioni istituzionali, oggi più che mai integrate nel processo decisionale delle aziende, contribuendo attivamente a interpretare il contesto politico e sociale. La nostra direzione è questa: coltivare l’autenticità intellettuale e costruire prodotti esclusivi a livello digitale ed editoriale. Questo è utile come leva strategica di posizionamento, gestione del rischio e creazione di valore».

Sì, la comunicazione digitale ha trasformato tutto: il linguaggio, il tempo, le dinamiche di fiducia. C’è un aspetto di questo cambiamento che ti affascina davvero – e uno che invece ti preoccupa?
«La risposta si trova nel valore del fattore umano, riprendendo alcune riflessioni che Baricco esprime nel suo libro “I Barbari”. Il tema centrale non sta nell’accelerazione tecnica, ma in quella culturale. Il digitale ha introdotto una comunicazione istantanea, senza pause o attese. Baricco lo descrive quando parla della nuova sensibilità che “preferisce il movimento alla profondità”. Così il linguaggio ora è ibrido, immediato, frammentato. È una nuova alfabetizzazione, che richiede altre competenze, saper leggere simboli, immagini, codici visivi. Così la fiducia, oggi, è orizzontale, reticolare. L’autorità si sposta, non scompare. La sfida più affascinante allora è elaborare queste mutazioni culturali, rimanendo ottimisti: non stiamo peggiorando, stiamo solo diventando qualcos’altro. Senza questa consapevolezza il rischio è quello di diventare molto fragili».

La vostra “Human” infatti è una piattaforma che unisce web e social listening a un algoritmo basato sulla lingua italiana. In un mondo che macina big data, ma spesso ignora i significati, che valore ha oggi la semantica? E quanto è importante – anche per chi fa comunicazione – saper distinguere i segnali dal rumore?
«È fondamentale. Appunto per questo abbiamo investito tanto per avere un algoritmo allenato da linguisti, totalmente strutturato sulla sintassi italiana e sulle sue disambiguazioni. Siamo molto orgogliosi di Human, che è interamente originale, senza tool esterni. Un piccolo gioiello di ricerca e sviluppo italiano. Noi formiamo report di web e social listening sempre corredati dai nostri spunti di lettura strategica, proprio per distinguere il significato dal rumore. Da qualche mese abbiamo messo a punto anche l’integrazione con l’intelligenza artificiale, che ci consente di tirare giù dati e analisi in meno di 15 minuti. Ora stiamo lavorando su ulteriori implementazioni».

Ma torniamo all’umano. Con la rassegna “D’Autore” porti il confronto culturale nei luoghi più belli d’Italia. Pensi che questo tipo di advocacy sia più potente del lobbying classico?
«La genesi fa sorridere rispetto alla domanda. Le rassegne sono nate a Ponza più di 15 anni fa per gioco, riunendo sull’isola un po’ di amici, tra giornalismo e politica, per confrontarsi sui temi più caldi della cronaca e dell’attualità. Un format semplice, trasversale, ma che nessuno faceva in quel periodo. Il punto di forza era un network reale, con contenuti forti e notizie esclusive. Ha funzionato, abbiamo giocato ancora per qualche anno, fino a farlo diventare un progetto itinerante voluto e sostenuto da diverse istituzioni nazionali e locali. La radice è rimasta la stessa: contenuti, connessioni, notizie e luoghi esclusivi. Oggi tocchiamo, oltre a Ponza, Capri, Portofino, Sorrento e il lago di Garda. Quest’anno il primo appuntamento sarà sull’isola azzurra, il 13 e 14 giugno aprendo il dibattito sul tema delle Mutazioni, che ci accompagnerà fino a dicembre nel corso delle altre tappe di D’Autore».

Hai lavorato con leader politici, istituzioni, grandi aziende. Esiste un tratto comune che unisce queste figure? E – domanda scomoda – quanto conta il talento, e quanto la capacità di leggere il proprio tempo?
«Sicuramente al centro di tutto c’è la visione, supportata dalla gestione strategica della comunicazione e della reputazione. Tutti operano in contesti pubblici in cui le parole, le scelte e i messaggi hanno un impatto diretto sulla fiducia, sul consenso e sulla legittimazione. Che si tratti del discorso di un capo di governo, di una dichiarazione di un CEO o di una campagna istituzionale, dominus è sempre la necessità di essere ascoltati, compresi e credibili. Il talento quindi non basta, il concetto chiave sta nella leadership, per cui la lettura del contesto sociale, politico e mediatico in cui ci si muove è fondamentale».

Anche io come te ho una laurea in Lettere, e sappiamo che non è esattamente il percorso “standard” per arrivare ai Public Affairs. A chi oggi parte da lì – ma non solo – e vuole costruirsi un ruolo in questo mondo, cosa consiglieresti davvero? Ma niente frasi da brochure.
«Credo di averti già indirettamente risposto. Negli anni ho quasi sempre selezionato collaboratori nei ruoli strategici con una laurea umanistica. Chi studia Lettere ha la spina dorsale per sviluppare pensiero critico e analitico, connessioni e creatività intellettuale, per leggere, costruire e interpretare messaggi e dinamiche. In un’epoca in cui la comunicazione si muove tra immediatezza e superficialità, la formazione umanistica insegna a rallentare, analizzare e contestualizzare. E questo è ciò che spesso fa la differenza tra un contenuto o un messaggio efficace e uno destinato a fraintendimenti o crisi reputazionali. Ma ho ricevuto splendide sorprese anche da laureati in ingegneria e matematica. Il mio consiglio è quello di coccolare sempre l’unicità, personale e professionale nel proprio modello di lavoro, a qualsiasi livello di ruolo e posizione».

Avatar photo

Laureata in Lettere Moderne all'Università degli Studi di Napoli Federico II con una tesi in Linguistica generale, dal 2021 collabora con la Fondazione Ottimisti&Razionali, in qualità di Flow Strategist, occupandosi anche di organizzazione di eventi, ufficio stampa e scrittura di articoli su energia, digitale, comunicazione. Nel 2023 ha svolto attività di ufficio stampa e segreteria per un candidato presidente alle elezioni regionali in Lazio. Attualmente è Public Affairs & Communication Consultant per Reframe e redattrice de il Riformista.