Lo aveva riconosciuto una receptionist dell’Hard Rock hotel di Marbella. Certa che quella persona fosse Giacomo Bozzoli, l’uomo condannato lunedì scorso all’ergastolo per l’omicidio dello zio e improvvisamente sparito nel nulla lo scorso 24 giugno all’alba, più precisamente alle 5.51 del mattino, quando era stato registrato un passaggio della sua Maserati Levante dal portale di Manerba, in provincia di Brescia, e due minuti più tardi da quello di Desenzano. Una fuga proseguita tra misteri e suggestioni, fin quando la moglie Antonella e il figlio di nove anni in viaggio con lui, sono rientrati in Italia in treno. La volontà di Giacomo di proseguire la latitanza è stata annunciata dai genitori della donna, che sono andati ad accoglierli alla stazione di Chiari.

Ma a sud della Spagna, il documento falso del 39enne bresciano era  stato registrato il giorno prima del verdetto della Cassazione. Così gli inquirenti italiani hanno chiesto di accedere al sistema di video sorveglianza dell’albergo per verificare della sua presenza al resort, e la polizia spagnola ha riferito alle autorità italiane di avere i fotogrammi di un video delle telecamere interne.

Giacomo Bozzoli, le immagini a Marbella e l’aiuto della moglie

Le immagini a Marbella di Giacomo Bozzoli, solo le prime prove concrete, traccia del suo passaggio, mentre negli interrogatori sua moglie, Antonella Colossi, nasconde la verità tra i i tanti “non so” e “non ricordo”. Ora la moglie ai sensi dell’articolo 390 Codice Penale rubricato Procurato inosservanza di pena rischia la reclusione da tre mesi a cinque anni per aiutare il marito a sottrarsi all’esecuzione della pena.

Giacomo Bozzoli e l’omicidio dello zio

I fatti risalgono all’8 ottobre 2015 quando Giacomo litigò con zio Mario 52 anni, e lo uccise gettandolo nel forno della fonderia di famiglia, a Marcheno, vicino Brescia. Fu una fumata anomala a bloccare l’impianto. Era convinto che lui intralciasse i suoi progetti di lavoro e di guadagni. Un rapporto di odio di cui non si faceva mistero. Secondo i giudici di appello, Giacomo Bozzoli aveva un “odio ostinato e incontenibile” nei confronti dello zio, che era titolare della fonderia al 50% con il padre di Giacomo, Aldo, tanto da ritenere la vittima “colpevole sia di lucrare dalla società dei proventi sia di intralciare i suoi progetti imprenditoriali”. Ma nel caso rientra anche la morte dell’operaio Giuseppe Girardini, addetto al forno, che si suicidò ingerendo una capsula di cianuro. Secondo la procura aveva il ruolo di complice nell’omicidio: fu una delle ultime persone ad aver visto Mario Bozzoli in vita. Teste chiave del processo, l’ex fidanzata Jessica: “Mi disse che avrei dovuto prender la sua auto e percorrere l’autostrada in modo che il telepass rilevasse il passaggio”. Un depistaggio. Lui nel frattempo avrebbe ucciso lo zio.

Giacomo Bozzoli, la condanna in tribunale

La storia proseguì in tribunale, poi in appello, dove alcune giorni fa è stata confermata la condanna a Bozzoli all’ergastolo per omicidio aggravato. La sentenza del carcere a vita è diventata definitiva lunedì 1 luglio. Ma di lui nessuna traccia. Il pericolo di fuga non gli era stato mai contestato: “Bozzoli è sempre stato disponibile e reperibile. Altrimenti avremmo agito in modo diverso – ha dichiarato il magistrato Pier Luigi Maria Dell’Osso -. Nell’ultima settimana, magari, in previsione della sentenza fissata in Cassazione, si è portati a ritenere che fosse in qualche modo monitorato”; e anche lunedì scorso, durante all’udienza Roma, suo padre Adelio e fratello di Mario si era detto convinto che Giacomo fosse alla casa sul lago. Lì non è stato trovato e secondo i vicini mancherebbe da una decina di giorni.

Redazione

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