Per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni il viaggio a Washington è un test importante. Invitata alla Casa Bianca per incontrare il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, il faccia a faccia servirà non solo per dimostrare la piena sintonia tra l’amministrazione democratica e il governo di centrodestra ma anche per parlare di tre temi di fondamentale importanza. Il primo: la Russia, e quindi il sostegno militare all’Ucraina e l’evoluzione della diplomazia in questa fase di stallo della controffensiva di Kiev. Il secondo: un rinnovato (e migliorato) coordinamento nei riguardi della Cina.

Un modo per far capire all’Italia di dover dare risposte certe sul rinnovo o meno del memorandum per la Via della Seta, ma anche per rilanciare la nuova postura strategica dell’Alleanza Atlantica in chiave di contenimento di Pechino, con il parallelo rafforzamento di vari partenariati strategici alternativi a quelli con il gigante asiatico. Specialmente in campo tecnologico e commerciale.

Infine l’Africa, in particolare la parte settentrionale, che l’amministrazione Biden riconosce come il perno di tutta l’agenda estera del governo Meloni. Su quest’ultimo tema, Palazzo Chigi è stato chiaro sin da subito. E la conferma dell’attenzione atlantica per le mosse di Roma è arrivata anche dall’ultimo incontro tra la premier italiana e il segretario generale Nato Jens Stoltenberg. L’interesse italiano per la stabilità africana, fronte sud di un blocco occidentale proiettato sempre più a est, può essere infatti utile anche a Bruxelles e Washington. E questo in particolare per contrastare le attività cinesi e russe, che da tempo hanno reso l’Africa sempre più unita alle loro strategie e sempre più distante da quelle occidentali.

Che questo incontro tra Meloni e Biden arrivi in concomitanza con il vertice Russia-Africa di San Pietroburgo è una coincidenza dall’alto valore simbolico. L’Italia da tempo avverte dei pericoli dell’instabilità africana anche in relazione allo sfruttamento del caos da parte di attori esterni, mentre per Washington è essenziale fermare il radicamento di Mosca nel continente. Vladimir Putin però, nonostante l’isolamento dell’Occidente dovuto all’invasione dell’Ucraina, è ancora legato ai partner africani. Lo dimostra non solo la piena attività della compagnia Wagner pure dopo la misteriosa marcia contro i vertici della Difesa di Mosca, ma anche la volontà di Putin di sfruttare il mancato rinnovo dell’accordo sul grano per blindare i rapporti con i suoi clienti del “Sud del mondo”.

La speranza italiana è che per frenare un’agenda russa fatta di armi, istruttori, mercenari, materie prime e cereali, Biden possa mostrarsi propenso ad ascoltare il più che pubblicizzato “piano Mattei” per l’Africa. Progetto ancora estremamente aleatorio ma che serve al governo italiano per far sì che gli Stati Uniti sostengano una sua possibile leadership in alcuni dossier “secondari” per Washington ma fondamentali per l’esecutivo targato Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. In ballo c’è soprattutto la questione migratoria, tallone d’Achille del governo sul lato della sicurezza, ma anche la possibilità di un maggiore ruolo italiano in Libia (dove la partita se la gioca con la Turchia) e della soluzione della crisi tunisina. Il sostegno della Casa Bianca all’intesa siglata a Tunisi con Ursula von der Leyen e Mark Rutte per Meloni può rivelarsi decisivo, visto che l’amministrazione Biden può persuadere il Fondo monetario internazionale a sbloccare i prestiti per il Paese nordafricano. Ma se la distanza tra Italia e Usa si rivela sempre più ridotta, ciò non implica che l’impegno di Washington nella regione sia convincente come un tempo. Il vertice di San Pietroburgo può dare indicazioni chiare sul peso di Mosca in Africa nonostante il pressing occidentale. Mentre il tour del ministro degli Esteri cinese Wang Yi in Nigeria, Kenya, Sudafrica e Turchia e l’allargamento dei Brics fa capire come Xi Jinping non abbia dimenticato la sua partita africana.

Lorenzo Vita

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