A 10 mesi dal ritrovamento del corpo senza vita di Giuseppe Pedrazzini, il 77enne scoperto cadavere il il 12 maggio del 2022 in un pozzo chiuso con una pesante lastra di ferro nei pressi dalla sua abitazione, a Cerré Marabino, nel Reggiano, arriva una clamorosa svolta nell’inchiesta.

L’uomo non sarebbe morto per omicidio, ma per cause naturali. La circostanza è emersa dall’autopsia compiuta sul cadavere della vittima e quanto contenuto nella relazione scritta dal consulente tecnico nominato dal sostituto procuratore Piera Cristina Giannusa, titolare dell’inchiesta.

Indagine che vede indagati Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida, figlia e genero della vittima, oltre alla moglie Marta Ghilardini. I primi due sono attualmente reclusi in carcere a Mantova, mentre la moglie è sottoposta all’obbligo di firma e di dimora: le accuse a vario titolo sono di omicidio, soppressione di cadavere e truffa ai danni dell’Inps perché avrebbero percepito indebitamente la pensione del defunto.

Quanto all’autopsia, i risultati dell’esame hanno fatto emergere come il 77enne sia morto per un arresto cardiaco in un quadro clinico già fortemente compromesso. La morte sarebbe poi avvenuta tra il 18 febbraio e il 17 marzo 2022, due mesi prima del ritrovamento del cadavere.

Proprio l’esito dell’esame autoptico potrebbe cambiare sensibilmente il quadro accusatorio, in particolare per l’accusa di omicidio e per l’accusa di truffa, visto che l’autopsia facendo risalire la morte di Pedrazzini tra la metà di febbraio e quella di marzo 2022 comporterebbe minori trattenute economiche delle mensilità pensionistiche.

A metà dello scorso dicembre la Cassazione aveva respinto il ricorso della difesa della figlia e del genero dell’uomo ma, alla luce dell’esame autoptico, l’avvocato della coppia, Ernesto D’Andrea, molto probabilmente tornerà a chiedere la scarcerazione dei suoi assistiti.

Attendo la comunicazione delle motivazioni della Suprema Corte – ha spiegato D’Andrea ad alcune testate locali – e poi farò immediatamente una nuova istanza di scarcerazione al Gip di Reggio. Alla luce di quanto è emerso dall’autopsia, il quadro dell’indagine muta in modo significativo. Pertanto, è evidente che le esigenze cautelari (il pericolo di reiterazione del reato, ndr) che trattengono tuttora in carcere i miei assistiti si sono completamente sgretolate. Devono riacquisire la piena libertà”.

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