L'insediamento a capo della Procura più grande d'Italia
Gratteri sbarca a Napoli, la vita sotto scorta da 35 anni: “Lavoro dalle 8 alle 20, mangio sulla scrivania. La mia psicanalisi è l’orto”
Da Giovanni Melillo, ora capo dell’Antimafia nazionale, a Nicola Gratteri. Dopo un anno e mezzo di attesa, Napoli ha il suo nuovo procuratore. Nicola Gratteri, 65 anni (nato a Gerace in provincia di Reggio Calabria), presterà giuramento domani, 20 ottobre, al Tribunale di Napoli e diventerà ufficialmente il capo della Procura più grande d’Italia con nove procuratori aggiunti e ben 102 sostituiti procuratori. Dopo oltre 30 anni in prima linea in Calabria nella lotta alla ‘ndrangheta, uno dei magistrati più famosi e mediatici (“è importante mantenere alta l’attenzione” ha ricordato nell’intervista di ieri a La Stampa) d’Italia passerà dalla lotta alla ‘ndrangheta al contrasto alla camorra. Nel 2014 l’allora premier Renzi lo indicò come ministro della Giustizia, poi saltò tutto: “Bisognerebbe capire chi ha detto a Napolitano che non potevo fare il ministro: Renzi mi aveva dato carta bianca” ha spiegato Gratteri al Corriere della Sera.
Gratteri è pm dal 1986 e dall’aprile del 1989 vive sotto scorta. Prima di oggi, aveva lavorato solo nella sua regione, prima come giudice al tribunale di Locri, dove, dal 1991, ha iniziato la sua carriera di pubblico ministero, ruolo svolto poi anche alla Procura di Reggio Calabria (di cui nel 2009 è diventato procuratore aggiunto), fino all’incarico direttivo di capo dei pm di Catanzaro svolto dal 2016 a oggi. Oggi ha rilasciato una lunga e interessante intervista al Corriere della Sera dove ha raccontato di come vive sotto scorta, di quanto guadagna e delle sue umili origini. Da magistrato “feci arrestare anche il mio compagno di giochi in campagna, quando andavo dagli zii, perché aveva un arsenale di armi”. Un altro amico, con cui “giocavamo sempre a pallone davanti a casa mia, in uno spiazzo di terra battuta, con vetri, chiodi”, Gratteri lo ritrovò “molti anni dopo su un veliero davanti alle coste di Miami con un carico di 800 chili di cocaina. In carcere mi impressionò la faccia, era bianco come la carta: le prigioni americane non sono come le italiane. “Mi sono rovinato la vita”, disse. Risposi che poteva ripartire da zero, bastava che collaborasse. Non collaborò”.
Terzo di cinque fratelli, Gratteri ricorda i suoi genitori: “Erano semianalfabeti. Mia madre aveva conseguito la terza elementare, mio padre la quinta. Lei casalinga, lui camionista: aveva un piccolo Tigrotto con mio zio Nicola e mio nonno”. Riguardo i fratelli: “Di tutti e 5 i figli: una ha insegnato all’università all’estero, un altro è professore ordinario di medicina legale, poi ci sono io, uno è odontotecnico, la piccola è insegnante”. La vita sotto scorta di Gratteri “è pesante” perché “ci sono giorni in cui si soffre di più, viene la sindrome da soffocamento a non poter fare una passeggiata da soli, non poter andare in bicicletta, non uscire in moto. Penso di non fare un bagno al mare da 25 anni”. Gratteri spiega di essere protetto da “otto-dieci persone fisse” a cui si aggiungono “quelli che quando mi sposto fanno i controlli, le bonifiche, portano i cani per sentire l’esplosivo. È abbastanza asfissiante. Mi costa tantissimo sul piano psicologico, bisogna avere nervi d’acciaio”. Una situazione difficile che prova a contrastare non con lo psicanalista ma con “l’orto, lavorare la terra, piantare zucchine e cetrioli”. Attività che svolge ogni domenica: “Domenica scorsa sono stato 12 ore sul trattore per trinciare l’erba” circondato dalla sua scorta che considera “fratelli, figli”, sono “ragazzi che stanno con me” anche “da 14 anni”. Scorta che hanno anche “moglie e figli”. In passato – racconta Gratteri – “hanno cercato di sequestrare uno dei miei figli, avevano programmato di simulare un incidente stradale per ammazzare l’altro”.
Familiari che solo “ora cominciano a metabolizzare e capire che ho fatto cose importanti. Assieme ai miei colleghi abbiamo reso la Calabria, la nostra terra, più libera. Soprattutto abbiamo messo nella testa della gente il tarlo che si può cambiare. Infatti le denunce sono aumentate”. Una vita spesso lontano dai suoi affetti più cari (i due figli sono specializzandi medici), singolare un aneddoto raccontato dal neo procuratore di Napoli: “Per anni con mia moglie, quando i miei figli facevano le recite a scuola, noi le facevamo a casa. Lei mi raccontava per filo e per segno come erano vestiti, cosa avevano fatto, e quando tornavo e protestavano, “non sei venuto!”, io replicavo “ma sì che c’ero, ero in fondo e non mi hai visto!””. Il suo sogno, in una vita normale e senza scorta, resta solo uno: “Mi comprerei una motocicletta. Quando ero ragazzo amavo tutti i motori».
Nella nuova avventura partenopea Gratteri non verrà seguito dalla moglie, docente di matematica. La spiegazione è la seguente: “A settembre non ha fatto la domanda di trasferimento perché, ha detto, “siccome ti bocciano sempre è meglio che rimango dove sto””. Tornando alla vita sotto scorta, il magistrato spiega che “non entro mai in un negozio, anche per un caffè“. Ad entrare “è prima uno dei miei” che “paga e poi arriviamo noi e consumiamo. Altrimenti c’è sempre qualcuno che te lo vuole offrire”. Altro aneddoto curioso è legato proprio a quest’aspetto: “Una volta con mia moglie, eravamo fidanzati, entrai al bar con la scorta e c’era il capomafia del paese con la sua scorta che voleva assolutamente offrirmi il caffè. E io: ma no lasci stare, che poi trovo delle cose su di voi e vi faccio arrestare. Lui insistette. Cinque mesi dopo nel carcere di Palmi il caffè gliel’ho offerto io”.
Gratteri che ha poi spiegato di aver rifiutato i biglietto per le gare del Napoli fatti recapitare dal presidente De Laurentiis. “Ho detto ai miei di ringraziare ma non sono mai entrato in uno stadio” e “chi deve andare alle partite paga il biglietto” perché “un magistrato guadagna bene, io guadagno 7.400 euro” ma “questo lavoro non si fa per soldi” perché “se uno pensa di fare il magistrato e invidia chi ha la Ferrari doveva fare il concorso per notaio. Siamo privilegiati: guadagniamo tre volte lo stipendio di un impiegato”.
Sul lavoro che lo aspetta a Napoli, Gratteri sottolinea: “Per prima cosa devo ascoltare tutti. Io faccio 4-5-10 riunioni in un giorno. Arrivo alle otto, esco alle 20, mangio sulla scrivania, non mi alzo finché non ho preso una decisione, mettendo a disposizione la mia esperienza”. Replica così alla missiva della Camera Penale di Napoli che, nel fargli gli auguri, auspicava “un profilo diverso, meno operativo militare”: “Non si sono informati da persone oneste su chi sono. Anche una corrente di magistrati ha sollevato obiezioni. Ma se a Catanzaro, dove sono da 7 anni, nessuno ha fatto domanda di trasferimento un motivo ci sarà. Eppure ci sono giovani da Lombardia, Emilia-Romagna, Umbria, Marche”. Sulle mafie aggiunge che oggi la più potente resta “la ’ndrangheta: è la più ricca e riesce a importare l’80 per cento della cocaina che arriva in Europa. Cosa Nostra da almeno 25 anni compra la cocaina dalla ’ndrangheta”.
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